Degli otto fratelli che erano è l’unica rimasta e oggi li ricorda tutti con affetto, come la mamma ‘rezdora’ che li ha cresciuti e il papà che lavorava in campagna. Lei pure, figlia di contadini di Spilamberto andata in sposa a un agricoltore, sa bene “quant’è bassa la terra” per chi la coltiva, munge le mucche e pulisce la stalla tutto il giorno. Anni di fatiche, di lutti per le morti premature della sorella Maria e del fratello Albertino annegato nel Tiepido e i tempi duri del conflitto, ma Vittoria Guerra, per tutti Vittorina, non ha mai perso la speranza e ha sempre guardato con fiducia al futuro: “allegra, disponibile, spirito libero” come la descrive il nipote Lanfranco che con gli zii ha vissuto per anni.
Oggi, 26 maggio, Vittorina ospite della Cra di via Vignolese del Comune di Modena, compie 100 anni e festeggia il traguardo con anziani e operatori della struttura, amici e parenti.
I ricordi ben conservati di Vittoria Guerra sono la porta d’ingresso per un viaggio a ritroso nella vita semplice della Modena del secolo scorso: il ‘mosquito’ per andare al teatro Storchi con il nipote e la ‘pcaria’ con cui “si riempivano cantine e solai di ciccioli, salami, coppa di testa e cotechini che poi bisognava ben custodire dai ladri”. La ‘pcaria’ non ha risparmiato neppure la maialina Citta che si era salvata miracolosamente dal crollo della stalla in cui morirono la scrofa e i maialini, e venne allattata col biberon e cresciuta come un animale domestico.
Della guerra Vittorina ricorda bene quando “passava Pippo per i bombardamenti e correvamo a qualunque ora a ripararci nei campi, nei fossi” e quando “i soldati tedeschi occupavano le case”. Furono quelli anni difficili, ma a Vittoria non hanno tolto la voglia di vivere e di ballare, cosa che amava fare anche misurandosi in gare di ballo. Dopo anni trascorsi a lavorare in campagna, a Collegarola, dove si era trasferita presso la famiglia del marito Gilicardo, quando il marito divenne autotrasportatore, lei prestò servizio per anni come “donna delle pulizie presso una famiglia che la trattava bene” e dove ha imparato a fare le punture che nella piccola comunità di Collegarola si è prestata a fare una vita a coloro che ne avevano bisogno.
“A chi passava da casa sua – ricorda il nipote – era sempre pronta ad offrire un aiuto, il caffè, un gnocco fritto ed un vasetto di marmellate fatta in casa. Amava cucinare i piatti tipici della tradizione emiliana, così come le aveva insegnato la nonna: gnocco fritto, spezzatino, costaiole con la polenta, lasagne e tortellini e allo stesso modo amava i suoi cari animali, cani e gatti trovatelli o presi al canile e le bambole che ha collezionato per anni.
Anche oggi non ha perso la voglia di vivere e il buon umore e l’unica cosa che le dispiace è “non aver invitato tutti a festeggiare i suoi cent’anni in campagna friggendo lo gnocco e servendo salumi e zuppa inglese”.