Il viaggio comincia dal villaggio artigiano di Viale Emilio Po, il cuore del boom economico modenese. Qui, più che altrove, sopravvive il ricordo di un’epoca in cui vita lavorativa e privata si confondevano: da una parte i capannoni, dall’altra le residenze di dipendenti e lavoratori, le chiese e i campetti sportivi.
Qui hanno ancora sede alcune attività conosciute in tutt’ Italia come la Panini, ma soprattutto piccole e micro imprese che hanno contribuito a costruire il benessere del capoluogo.
Oggi molte cose sono cambiate, a partire dalla ferrovia ormai in disuso che separa questo quartiere dal resto della città.
Molte attività hanno abbassato le saracinesche a causa della crisi, alcune si sono convertite in insoliti luoghi di aggregazione, mentre l’antica formula del “casa e bottega” ha lasciato spazio a un mix multiculturale che meriterebbe un capitolo a parte di questo nostro racconto.
Passando tra le vie del piccolo e glorioso centro industriale si rimane però colpiti dall’incuria e dal degrado in cui versa. I cassonetti dell’immondizia sono circondati da rifiuti ingombranti – e in alcuni casi pericolosi – e lungo i vialetti che costeggiano i cancelli delle imprese, cartacce e bottiglie di plastica giacciono sull’asfalto ingrigite dal tempo.