Augusto Bianchini, condannato in primo grado a 9 anni e 10 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, si dice pronto a difendersi. Intanto l’aggravante di inquinamento ambientale è caduta, ma i detriti di amianto da smaltire rimangono
Esprime sollievo Augusto Bianchini. La sentenza emessa in primo grado nel processo Aemilia l’ha condannato a 9 anni e 10 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, ma ha assolto completamente i figli Nicola e Alessandra e ridotto la pena a 3 anni al primogenito Alessandro, così come alla moglie Bruna Braga: 4 anni invece dei 15 richiesti dai pm. Lo stato d’animo di Augusto passa attraverso l’avvocato Giulio Garuti, che difende l’imprenditore edile di San Felice. Secondo i giudici, Bianchini aveva inserito nei suoi cantieri gli uomini di Michele Bolognino, capobastone della ndrina della Bassa, e aveva usufruito dei suoi favori per accaparrarsi gli affari della ricostruzione post sisma. L’avvocato si fa portavoce di Bianchini e asserisce che è pronto a dimostrare l’estraneità al concorso mafioso perché l’imprenditore non sarebbe stato consapevole dell’appartenenza di Bolognino al tessuto criminale. La sentenza ha invece confermato in primo grado il concorso esterno, ma ha assolto Bianchini dall’aggravante di inquinamento ambientale tramite l’amianto. Un’assoluzione che ha deluso le parti civili costituite, cioè il Ministero dell’Ambiente, Legambiente e il consorzio “Ricommerciamo”, che non vedranno risarcimenti. Il dubbio che inoltre rimane è su chi si debba fare carico della montagna di detriti tossici ancora presenti nell’azienda dei Bianchini, confiscata insieme a vari immobili, 93 mezzi di trasporto e 16 veicoli della Ios. Senza una differente disposizione del giudice, lo smaltimento toccherà allo Stato e agli enti locali di San Felice, per una spesa che si aggirerebbe intorno ai 15 milioni di euro.