Da febbraio ricorso all’ammortizzatore sociale per far fronte al calo produttivo. Ombre sempre più nere sullo stabilimento di via Ciro Menotti
Il Tridente vola, anzi no. Alla Maserati di Modena arriva la cassa integrazione. Nonostante i continui record di vendita messi a segno ultimamente, aleggiano nubi sembra più nere sulla casa automobilistica e in particolare sullo stabilimento di via Ciro Menotti. Dopo le voci circolate nelle scorse settimane, oggi, tra le righe di un comunicato della Fim-Cisl, è arrivata la conferma: da febbraio, per gli operai modenesi arriva la cassa integrazione. Provvedimento che si va a sommare ai venerdì di chiusura della fabbrica, facendo ricorso ai permessi retributivi collettivi.
Il motivo della crisi è presto detto: lo stabilimento è considerato poco strategico dal grande capo Sergio Marchionne, che vede Modena più come centro di progettazione ingegneristico. E i numeri certificano il declino: nel 2015, la fabbrica ha prodotto 32.700 Maserati contro le 41.800 dell’anno precedente. Gran Turismo e Gran Cabrio, i modelli realizzati in via Ciro Menotti, sono ormai datati nella gamma del Tridente. Le auto di punta – su tutte la fortunatissima Ghibli – vengono prodotte a Grugliasco, Torino, ma anche lì i problemi non mancano: gli operai sono in cassa integrazione già da mesi.
Le difficoltà derivano, da un lato, dal calo del mercato cinese, ma, dall’altro, si dice, pure da obiettivi commerciali non raggiunti: le vendite, in altre parole, starebbero crescendo ma non al ritmo che si sperava. Non a caso, recentemente Marchionne, nel confermare lo sviluppo dei nuovi modelli annunciati a Detroit nel 2014, ha anche parlato di tempi più dilatati. Si vedrà, ma intanto anche la Fim-Cisl, sigla storicamente morbida con il manager italo-canadese, chiede di “capire quali sono le prospettive per lo stabilimento di Modena e i suoi 631 dipendenti”. La cassa integrazione non è un bel segnale.