L’udienza preliminare per i presunti casi di dossieraggio, a Torino, si apre con un colpo di scena. Buona parte del materiale raccolto durante l’inchiesta che vede al centro l’ex carabiniere Riccardo Ravera e nomi di spicco del distretto ceramico sassolese, non può essere utilizzato durante il processo a causa di un vizio di forma. L’inchiesta, lo ricordiamo, ipotizza reati tra cui corruzione e associazione a delinquere finalizzata alle interferenze nella vita privata. Ravera sarebbe stato tra i promotori e gli organizzatori di un presunto sistema di spionaggio industriale, per screditare i manager di grandi aziende tra cui la sassolese Kerakoll. Secondo le ipotesi della Procura, l’ex carabiniere e i suoi collaboratori avrebbero installato di nascosto alcuni registratori durante degli incontri privati, per raccogliere conversazioni e inviarle a chi gliele aveva commissionate, potendole così usare per possibili ricatti. A domandare l’attività di Ravera sarebbe stato Andrea Remotti, ex ad dell’azienda Kerakoll, ma anche i fratelli Sghedoni Emilia e Fabio avrebbero chiesto all’ex carabiniere di spiare attraverso riprese audio e video una riunione legata al mondo del calcio che coinvolgeva il padre Romano Sghedoni, fondatore dell’azienda e l’allora patron del Modena. Ieri la giudice Manuela Accurso Pagano ha però escluso dal processo buona parte della corrispondenza tra le persone coinvolte nell’inchiesta. Mail, messaggi e intercettazioni telefoniche che, per l’accusa presentavano traccia dei presunti reati che ma che sarebbero state acquisite senza un regolare decreto che consenta di farlo. Materiale che ora sarebbe quindi inutilizzabile.