La Corte Costituzionale ha confermato la legittimità del “payback sanitario”, vale a dire il concorso delle aziende produttrici di dispositivi medici e materiale sanitario al ripiano dei deficit nella Sanità prodotti dalle Regioni a partire dal 2015.
In ballo c’è circa un miliardo e 200mila euro, che le aziende dovranno pagare alle Regioni, sulla base della legge introdotta dall’allora governo-Renzi e applicata dal governo-Draghi.
La Corte Costituzionale ha così respinto il ricorso delle aziende del settore biomedicale, che ora dovranno pagare per gli sfondamenti di spesa degli ultimi anni. Una tempesta improvvisa – dopo alcune sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali, che avevano allontanato lo spettro dei rimborsi – che colpisce anche le centinaia di aziende del biomedicale operanti nella provincia di Modena, in special modo nel distretto di Mirandola.
Una vera e propria mazzata per le imprese del biomedicale, ma un’autentica boccata d’ossigeno per le Regioni e, di conseguenza, per le Aziende sanitarie locali. Secondo il presidente della Confindustria Dispositivi Medici, Nicola Barni, questa decisione della Corte Costituzionale provocherà una crisi irreversibile dell’intero comparto biomedicale.
Le piccole aziende del settore rischiano addirittura di chiudere, mentre le aziende più grandi, per protesta, ora minacciano di non rifornire più Asl e ospedali. Secondo uno studio Nomisma, commissionato dalla Fifo (Federazione italiana fornitori ospedalieri), rischiano il fallimento oltre 1.400 aziende e il licenziamento 190mila addetti ai lavori.