Nel video l’intervista a Susanna Camusso, Responsabile Politiche di Genere della Cgil nazionale
C’è un tema che da quando è iniziato l’incubo della pandemia, esplode ciclicamente. È quello del blocco dei licenziamenti, stabilito d’urgenza dal governo Conte nel febbraio 2020 contro la crisi da Covid, e che si avvia verso la sua scadenza il 30 di giugno. Ogni volta che la data limite si avvicina il nodo si fa caldissimo, vedendo il braccio di ferro tra industriali e sindacati. Lo scontro è particolarmente duro, oggi, dato che una nuova proroga del blocco è stata inserita “a sorpresa” dal Ministro del Lavoro Andrea Orlando, fino al 28 agosto, senza prima concordarla con le parti sociali. Una mossa che ha scontentato tutti e per la quale Mario Draghi ha proposto una mediazione che, di fatto, smentisce Orlando. La proposta del premier è quella di mantenere la scadenza del blocco fissata al 30 giugno, ma con la possibilità per le imprese di usare la cassa integrazione ordinaria, dal primo luglio, senza dover pagare le addizionali fino alla fine dell’anno con l’impegno di non licenziare. Una serie di scelte che non va incontro alle richieste dei sindacati. Il tema rimane tra i più complessi: da una parte le aziende sono in ginocchio e faticano a rimanere aperte; da qui la richiesta di anticipare la data dello sblocco dei licenziamenti; dall’altra, il timore di un tracollo dell’occupazione. Secondo la fondazione Adapt, sono 150 mila le persone che rischiano di perdere il lavoro dal 30 giugno. Ma la crisi ha già colpito: nonostante il blocco sono già 600mila le persone uscite dal mercato.