L’omicidio non è stato pianificato nel tempo e non è stata neppure una punizione per essersi opposta a un matrimonio combinato. Questo quanto emerso dalla sentenza della Corte d’assise di Reggio Emilia sulla morte di Saman Abbas, la 18enne pakistana uccisa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2021 a Novellara. Nelle oltre 600 pagine delle motivazioni redatte dalla Corte, presieduta da Cristina Beretti e con Michela Caputo come estensore, emergono tanti dettagli ancora non chiari. Per i giudici il vero movente del delitto sarebbe legato al timore di una nuova fuga della giovane con il fidanzato Saquib. Dunque per evitare un altro atto di disobbedienza, i genitori avrebbero scelto di assassinare la figlia. La decisione di uccidere Saman Abbas sarebbe stata concordata nel corso delle telefonate con lo zio Danish Hasnain: e questo lo dimostrerebbero le condotte dei due in occasione dell’uscita di casa con la figlia, documentate dalle telecamere la notte del 30 aprile.  Secondo i giudici inoltre esisterebbero plurimi e convergenti indizi che consentono di asserire che entrambi i genitori e lo zio sarebbero pienamente coinvolti nell’omicidio e compartecipi della sua realizzazione. Pertanto non si esclude che sia stata la madre a compiere materialmente il delitto, durante il minuto in cui è sparita dal fuoco delle telecamere. Ma la donna, Nazia Shaheen, è ancora latitante in Pakistan.