Nel video l’intervista a Francesco Campobasso, Segretario Nazionale Sappe
Sono trascorsi più di tre anni dalla rivolta che l’8 marzo del 2020 scatenò il panico all’interno del carcere Sant’Anna. A partire da quella data gli istituti penitenziari italiani furono investiti da un effetto domino di rivolte di detenuti. Proteste anche violente scaturite in parte dalla paura per i primi contagi di Covid ma soprattutto dalla sospensione dei colloqui con i familiari e delle altre attività in vigore. Solo a Modena la rivolta costò la vita a nove detenuti. Subito dopo vennero aperti tre fascicoli di indagine: uno per le devastazioni compiute dagli internati, un secondo per la morte dei nove reclusi e un terzo per le presunte violenze che alcuni poliziotti penitenziari avrebbero commesso durante la rivolta. In merito a quest’ultimo 120 agenti di Polizia Penitenziaria vennero iscritti nel registro degli indagati ma ieri la Procura ha chiesto per loro l’archiviazione. Le accuse mosse nei loro confronti dai detenuti non avrebbero trovato adeguato riscontro. Il Sindacato Sappe pur manifestando soddisfazione in merito e ha ricordato i momenti di tensione vissuti in quella giornata e nei tre anni successivi.
Nonostante ciò la fine ancora sembra lontana. Dei tre procedimenti avviati in seguito alla rivolta, l’unico ancora aperto è quello a carico dei detenuti per i danneggiamenti all’interno della casa di reclusione. Inoltre le associazioni guidate da Antigone ma anche dai familiari di alcuni detenuti deceduti nella rivolta, hanno dieci giorni di tempo per opporsi alla richiesta di archiviazione.