Dopo un’indagine durata oltre due anni la Procura di Modena ha chiesto l’archiviazione del procedimento a carico dei 120 agenti della Polizia Penitenziaria iscritti nel registro degli indagati in seguito alla rivolta avvenuta all’interno del Carcere Sant’Anna di Modena dell’8 marzo del 2020. I pestaggi denunciati dai detenuti per mano della Polizia Penitenziaria non avrebbero trovato adeguato riscontro nella documentazione sanitaria acquisita. I reati ipotizzati erano quelli di tortura e lesioni aggravate. Le indagini presero il via in seguito a nove esposti/denunce formalizzate nel tempo dai detenuti all’epoca dei fatti presenti nella casa circondariale modenese. Numerose le documentazioni acquisite dalla Procura nel corso di questi anni: testimonianze, interrogatori e anche fotografie. La Procura ha precisato di aver sentito anche coloro che a vario titolo, sui media, avevano assicurato di avere informazioni puntuali sulla repressione della rivolta, anche se in certi casi non è stato possibile perché i diretti interessati non hanno voluto svelare le proprie generalità.  Nonostante ciò, si legge nel comunicato, non è stato possibile acquisire alcun video riproducente gli accadimenti denunciati. Dopo aver valutato tutte le fonti di prova la Procura di Modena si è detta non in grado di formulare un giudizio di attendibilità sulla ricostruzione dei fatti offerta da parte delle persone offese e quindi, ancora meno, non ci sono previsioni ragionevoli di eventuale condanna degli indagati. Inoltre sulle ripetute percosse ai detenuti per mano degli agenti penitenziari sarebbero emerse anche dichiarazioni discordanti sui luoghi e sul modo in cui sarebbero stati picchiati.