Un cambiamento epocale per il rapporto dei medici di famiglia con il Servizio sanitario nazionale: con la riforma della Medicina Generale, diventeranno dipendenti statali.
Lo ha rivelato la giornalista Milena Gabanelli su “Dataroom”, sul Corriere della Sera, dopo aver letto in anteprima le 22 pagine della bozza della riforma, documento considerato top secret.
Oggi i medici di base sono lavoratori autonomi convenzionati, pagati dal Servizio Sanitario Nazionale, ma con ampia autonomia organizzativa del loro lavoro.

Se la riforma dell’impianto legislativo vigente andrà in porto – appoggiata dal Ministro della Salute, Orazio Schillaci, e dalle Regioni – i medici di famiglia, come detto, diventeranno dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, come già adesso lo sono i medici ospedalieri.
È un passaggio davvero epocale, considerato indispensabile a far funzionare le 1.350 Case della Comunità messe in piedi con i 2 miliardi del Pnrr, oltre ai nuovi ambulatori che saranno resi disponibili dalle Regioni.
Già nel settembre 2021, gli assessori alla Sanità delle Regioni avevano firmato un documento per la riforma del profilo giuridico del medico di medicina generale, giudicato – anche a causa della pandemia di Covid – non più “idoneo” alle nuove esigenze.

I nuovi medici di famiglia – che saranno formati attraverso una specializzazione universitaria di quattro anni – verranno assunti dal Servizio Sanitario Nazionale, mentre quelli già in servizio potranno scegliere se continuare la libera professione oppure accettare l’assunzione statale; in questo caso, con orario settimanale di 38 ore, nella fascia oraria 8-20, nei propri studi e – in base al numero dei loro pazienti – anche nei futuri nuovi presidi sanitari territoriali, al servizio della comunità.