Dodici le persone che, a vario titolo, sono state segnalate alla Procura della Repubblica di Modena in quanto ritenute responsabili dei reati di emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, occultamento di scritture contabili e truffa aggravata dal danno patrimoniale di rilevante entità
Nei giorni scorsi i militari della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Modena, nell’ambito dell’azione diuturnamente svolta dal Corpo a contrasto dei gravi reati economici e finanziari a tutela del bilancio dello Stato e delle imprese sane, hanno portato a termine una complessa attività investigativa, durata oltre un anno, che ha portato all’individuazione di una rilevante frode fiscale posta in essere da diverse società con sede legale in differenti parti di Italia, ed in particolare nelle Province di Verona e Reggio Emilia, ma tutte operanti di fatto nel territorio del “Distretto Ceramico” nel settore della vendita di parti di ricambio per macchinari utilizzati nell’industria ceramica. Dodici le persone che, a vario titolo, sono state segnalate alla Procura della Repubblica di Modena diretta dal Procuratore – dott. Paolo Giovagnoli – in quanto ritenute responsabili dei reati di emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, occultamento di scritture contabili e truffa aggravata dal danno patrimoniale di rilevante entità. Nel dettaglio, il lavoro svolto dai finanzieri della Compagnia di Sassuolo, sotto la direzione dal Sostituto Procuratore della Procura di Modena – Dott.ssa Francesca Graziano – ha permesso di smascherare un insidioso sistema fraudolento che vedeva l’impiego, come strumenti di evasione fiscale, di diverse società non realmente operative, le cc.dd. “cartiere”, alcune delle quali solo sulla carta localizzate in territorio estero in modo da rendere maggiormente difficoltosi i controlli, ma in realtà totalmente gestite dall’Italia. Le cartiere venivano infatti utilizzate da un unico “direttore d’orchestra” ed avevano quale sola “attività imprenditoriale” la creazione di crediti IVA fittizi e l’abbattimento dei ricavi con il classico e noto sistema delle “fatture false”, meccanismo di frode fiscale che vede l’utilizzo nelle dichiarazioni fiscali di fatture passive relative ad operazioni commerciali in realtà mai avvenute.
Gli accertamenti eseguiti dalle Fiamme Gialle sassolesi hanno consentito di quantificare in oltre 20 milioni di euro l’importo complessivo delle fatture per operazioni inesistenti emesse ed utilizzate, la sottrazione di base imponibile ai fini delle imposte dirette per oltre 11 milioni di euro e l’evasione di IVA per oltre 3,5 milioni di euro. L’attenta analisi della documentazione relativa alle società oggetto d’indagine acquisita nel corso delle investigazioni ha permesso di appurare come tutti i vantaggi ed i “benefici illeciti” ottenuti mediante l’utilizzo di dette false fatture siano stati in buona parte dirottati, tramite l’interposizione delle società estere coinvolte, a conti correnti accesi presso istituti finanziari non nazionali e riconducibili agli indagati che poi provvedevano a recuperare dette somme di denaro attraverso continui prelievi di contanti presso bancomat ubicati nella Provincia di Modena. Non pago dell’ingente frode in danno dell’Erario, il principale indagato ha pensato bene di acquisire ulteriori vantaggi economici truffando alcuni suoi fornitori non saldando debiti per oltre 400.000 euro derivanti dall’acquisto di materiale. Il meccanismo truffaldino era tanto semplice quanto insidioso per le imprese coinvolte. L’imprenditore acquistava il materiale tramite una delle sue società italiane provvedendo alla sua immediata rivendita alle società estere da lui gestite. La merce in parola, nonostante quanto falsamente attestato dall’indagato sui documenti di trasporto, non varcava mai i confini nazionali ma veniva nascosta in magazzini riferibili ad altre società dallo stesso gestite e rivenduta a prezzi inferiori rispetto alla media del settore inquinando, in questo modo, ancor di più il mercato. Al contempo, la prima società acquirente non provvedeva a pagare il prezzo pattuito per la merce ricevuta adducendo vizi sulla qualità del materiale ricevuto. Dopo breve tempo, la società italiana debitrice veniva fatta sparire lasciando i fornitori senza possibilità di rivalersi su alcun soggetto per ottenere il pagamento della merce venduta.