Richiesta di archiviazione respinta dal Gip, con l’ordine di svolgere nuove indagini sulle circostanze della morte del 40enne Fabio Romagnoli, il detenuto che morì il 20 febbraio del 2023 nel carcere di Modena. L’archiviazione del caso era stata chiesta dalla Procura, ritenendo che il decesso fosse accidentale, a causa dell’inalazione di gas proveniente da un fornellino. Per i familiari di Romagnoli, assistiti dagli avvocati Luca Sebastiano e Stefania Pettinacci, si trattò invece di un suicidio. Un gesto volontario dopo che il 40enne, dice la famiglia, aveva già dato segni di fragilità. L’uomo aveva tentato di togliersi la vita in precedenza e, nelle ultime settimane di vita, avrebbe confessato ai propri cari di trovarsi in uno stato di grave sofferenza psichica. Da qui, la convinzione dei familiari che non fosse stato fatto nulla per prevenire l’atto estremo. Secondo i loro legali, la decisione del Giudice per le Indagini Preliminari di non archiviare il caso e anzi di indagare ancora, sentendo i familiari stessi o i compagni di cella, potrebbe segnare un punto di svolta nella prevenzione del rischio suicidiario all’interno degli Istituti penitenziari. Gli avvocati si dicono consapevoli della difficoltà di prevenire gesti autolesivi, dato il sovraffollamento e l’inadeguato numero di sanitari, ma premono per verificare se, nel caso di Romagnoli, sia stata una scelta opportuna permettergli di utilizzare un fornelletto, notoriamente uno strumento molto usato dai detenuti per suicidarsi.