Nel video l’intervista a Franco Piacentini, Associazione Italiana Familiari Vittime della Strada
Un rettilineo senza semafori, oppure una sequenza di dossi ben distanziati da un incrocio all’altro possono indurre gli automobilisti a schiacciare un po’ troppo il pedale dell’acceleratore. In barba a quel cartello rosso che, molto chiaramente, stabilisce un limite massimo consentito, quello dei 30 chilometri orari. Modena si prepara a diventare “Città 30”, ispirata da Bologna. E mentre i modenesi cercano di capire se la loro zona verrà prima o poi inclusa nelle prossime limitazioni, quanti di loro rispettano quelle già attive? Siamo andati a verificarlo, assieme a Franco Piacentini dell’Associazione Italiana Familiari Vittime della Strada che, da sempre, si batte per la sicurezza. L’idea era quella di evitare gli orari di punta proprio per trovarsi nella condizione di poter testare se, con le strade più libere da veicoli, gli automobilisti si attengano spontaneamente alle regole. Si parte da San Damaso, stradello Scartazzetta. Poi, ci avviciniamo al centro. Prendendo la curva per immettersi in via Emilio Po, la voglia di pigiare sull’acceleratore viene tarpata dopo qualche centinaio di metri dalla presenza di mini-rotonde rialzate. Superato l’ostacolo, anche qui qualcuno torna a superare il limite. In tutti i casi, la “zona 30” c’è e si vede. Ma è il senso civico e la prudenza, spesso e volentieri, a passare in secondo piano. Una macchina su due di quelle “osservate” non rispetta il limite, con una media che si attesta tra i 35 e i 40 all’ora. Che si tratti di un’eccezione o di un’abitudine, l’impressione è che ci sia una Modena che continua ad avere ancora un po’ troppa fretta. Forse, come ricorda l’Associazione, è il caso di rallentare e riflettere sul tragico aumento di incidenti sul nostro territorio, che ha visto coinvolti oltre cento feriti nel primo semestre dell’anno e più di venti decessi.