Il mito è notissimo: la città di Troia è in fiamme ed Enea deve fuggire con la sua famiglia, ma il vecchio padre, Anchise, ormai infermo, non vuole abbandonare la sua casa. Enea riesce alla fine a convincerlo e, portandolo sulle sue giovani spalle, mette in salvo l’anziano, il figlio e la moglie. L’indimenticabile scena virgiliana, rappresentata tante volte nella poesia, nella pittura e nella scultura, è stata rievocata da una studentessa sedicenne del Liceo “Muratori San Carlo” pochi giorni fa, durante un incontro delle terze, al quale ero stato invitato. I ragazzi, che avevano riflettuto sulla pandemia a partire dalla durissima esperienza del lockdown, hanno potuto offrire il loro punto di vista, libero e argomentato. Ho avuto il dono di ascoltare per oltre un’ora la voce degli adolescenti, che hanno posto anche qualche domanda. Si sono confermati capaci di analisi profonde, provocatorie e mai banali, di sguardi profondi, di sogni e progetti. Ancora una volta hanno smentito il cliché che vorrebbe “i giovani d’oggi” superficiali e distruttivi.
Una ragazza, come accennavo, ha richiamato il mito di Enea che porta sulle spalle il padre Anchise, vedendovi un simbolo del periodo più duro della pandemia, nel quale “noi ragazzi eravamo chiamati a custodire gli anziani”. Si riferiva in particolare ai nonni, verso i quali si richiede una cura particolare, per comunicare l’affetto ma non il contagio. Ed è proprio custodendo gli anziani che i giovani si sentono, a loro volta, custoditi. Una lettura stupenda, che capovolge con una sola intuizione la tanto diffusa convinzione degli adolescenti “caricati” sulle spalle degli adulti. La propongo come immagine natalizia, trasferendola dall’Eneide ai Vangeli: se è vero che Giuseppe e Maria hanno portato in braccio Gesù bambino, è ancora più vero che era lui, il Figlio di Dio, a portare sulle spalle i genitori; è disceso in terra per prendere su di sé la condizione delle donne e degli uomini, fragili e sofferenti.
Finalmente, da qualche mese, i riflettori sociali e politici – e speriamo presto anche economici – sono puntati sugli adolescenti, vittime spesso silenziose della pandemia. Gli indicatori della crisi non li hanno registrati subito, perché non si ammalavano, sfuggivano alle rilevazioni statistiche e, forse, venivano ritenuti a loro agio nel mondo digitale. In realtà soffrivano molto, come dimostrano le testimonianze che si stanno raccogliendo in tutti gli ambienti: famiglia, scuola, sport… e comunità cristiane. È incredibile che molti di loro, pur avendo patito due anni di relazioni bloccate, abbiano la forza interiore di sentirsi custodi degli anziani. Sono provati, ma non prostrati; feriti, ma non moribondi. Sono loro che potranno a poco a poco ricostruire il mondo delle relazioni, portando sulle spalle gli adulti. Non possiamo, certo, chiudere gli occhi sui disagi adolescenziali, che si esprimono anche nel fenomeno delle “bande” e dei gesti di teppismo; ma sarebbe un grave errore fare di ogni erba un fascio e considerare gli adolescenti un problema, perché in realtà sono una risorsa. Spesso ci chiediamo come riuscire a parlare a loro. È tempo che rovesciamo la prospettiva e ci chiediamo come riuscire ad ascoltarli. Il Natale, mistero di un bambino che viene a portarci sulle sue spalle, sia tempo di ascolto dei bambini, dei ragazzi e dei giovani.