Tra i pochissimi aspetti positivi dell’emergenza che il nostro Paese sta attraversando a causa del Coronavirus c’è senza dubbio il miglioramento della qualità dell’aria. Uno dei temi dibattuti in queste settimane, anche alla luce dei tanti contagiati e dei moltissimi decessi che hanno martoriato il nostro territorio, è se ci possa essere un collegamento tra inquinamento ed effetti del Covid-19. L’ultimo contributo arriva da Arpa Emilia-Romagna, che ha partecipato alla redazione del documento “Valutazione del possibile rapporto tra l’inquinamento atmosferico e la diffusione del SARS-CoV-2. Uno studio lungo e dettagliato, che arriva a due ipotesi.
La prima riguarda la diffusione del virus: “È possibile dire che allo stato attuale delle conoscenze le evidenze su un possibile ruolo del particolato atmosferico nella diffusione del SARS-CoV-2 siano decisamente limitate e frammentarie”. Quindi, secondo questa tesi, non c’è collegamento diretto tra aria inquinata da polveri fini e dilagare del Covid-19. La seconda tocca invece un tema ancora più delicato: come agisce il virus su coloro che vivono in zone sature di smog, in particolare di polveri fini (PM10 e PM 2,5). “È possibile ipotizzare un’interazione molecolare tra PM e SARS-CoV-2 che conferma la possibile azione di cofattore del PM nel sostenere il processo di infiammazione indotto dal virus”, si legge nel report, al termine dell’approfondimento scientifico. Non è ovviamente una novità, anche e soprattutto in pianura padana, la correlazione tra gli inquinanti atmosferici e le infezioni respiratorie, che il Coronavirus porta spesso a conseguenze estreme.
LO SMOG NON DIFFONDE IL VIRUS, MA PUO’ DANNEGGIARE CHI SI INFETTA
Più che "trasportare" e quindi diffondere il coronavirus responsabile della sindrome Covid-19, lo smog potrebbe avere un ruolo di "amplificatore", potrebbe cioè peggiorare l'infiammazione causata dal virus. È quanto emerge da uno studio di ricercatori delle Agenzie regionali di protezione per l'ambiente (Arpa) di Emilia-Romagna e Marche.