C’è il protocollo, c’è una data di ripartenza almeno per la A, il 13 giugno, ma di qui a dire che il calcio sia in rampa di lancio per tornare è molto presto. Il primo passo è arrivato ieri sera col via libera della Figc, che ha accolto il protocollo presentato dal Governo, pur di poter avviare da lunedì 18 gli allenamenti di gruppo. Un documento che contiene due limitazioni talmente pesanti che rende tutto in salita e che, per B e Lega Pro, lo conferma assolutamente inapplicabile. Il primo è la quarantena obbligatoria di 14 giorni per tutta la squadra in caso di un giocatore positivo e il secondo la responsabilità penale dei medici dei club, che ha portato alle dimissioni ieri del medico del Trapani. Due disposizioni talmente restrittive, non presenti negli altri tornei europei che vogliono ricominciare, che non danno garanzie sull’effettivo ritorno in campo. Ma il protocollo prevede un lungo elenco di doveri per le società. Innanzitutto individuare un centro sportivo sanificato dove allenarsi. Poi lo screening per il “gruppo squadra”: ovvero visita, due tamponi rapidi ravvicinati e test sierologici, il tutto da ripetere a inizio di ogni settimana. La prima settimana sono previste sedute solo atletiche con gruppi da massimo 7/8 giocatori, più avanti si potranno fare partitelle. Negli spogliatoi obbligatorio il distanziamento di due metri o se non è possibile l’ingresso scaglionato, ma le docce vanno fatte nelle singole camere del centro sportivo.
IL PROTOCOLLO DEL CALCIO. QUARANTENA DI SQUADRA E MEDICI NEL MIRINO
Dopo un mese di tira e molla Governo-Figc c’è il via libera sul protocollo per far riprendere alle squadre di calcio gli allenamenti di gruppo da lunedì 18. Ma la quarantena obbligatoria per tutti e la responsabilità dei medici rende tutto in salita.