La conferma scientifica che il corpo carbonizzato all’interno della Panda distrutta dalle fiamme trovata il 22 ottobre scorso in via Caruso fosse quello del 61 enne sassolese Medardo Fili, è arrivata solo in queste ore. Frutto del raffronto tra le tracce di dna, confrontate con quelle del fratello. Così come fumate da lui sono le sigarette trovate nell’area dell’auto bruciata. Che avvolta dalle fiamme e con l’uomo al posto di guida, avrebbe percorso un centinaio di metri prima di fermarsi ed essere distrutta dal rogo. Elementi che aggiungono poco al quadro delle indagini al centro del fascicolo aperto dalla procura contro ignoti per omicidio. Ipotesi che continua a non trovare riscontri oggettivi. Nessun innesco, nessuna traccia di contenitori e liquido infiammabile. La potenza del rogo avrebbe distrutto ogni traccia. E, soprattutto nessuna prova oggettivi oltre a deboli indizi, in grado di verificare la presenza di una od altre persone. Le indagini condotte anche rispetto alla seconda ipotesi dell’atto estremo dell’uomo, sono proseguite in questi giorni nell’ambito della prostituzione. Gli inquirenti avrebbero sentito tutte le donne con cui il 62 enne era in contatto e che l’’uomo era solito ospitare a casa ed accompagnare direttamente nei luoghi in cui si prostituivano. Soprattutto nell’area e nel quartiere industriale nord di Modena. Dove si sono consumati gli ultimi momenti della vita di Medardo Fili e dove il suo corpo è stato ritrovato
GIALLO DI VIA CARUSO: IL DNA CONFERMA L’IDENTITA’ DELLA VITTIMA, MA IL MISTERO CONTINUA
Le indagini sui frammenti carbonizzati del corpo trovato all’interno dell’auto bruciata in via Caruso confermano l’identità di Medardo Fili, il sassolese 61 enne. Ma sulle cause della morte non è ancora possibile escludere altre ipotesi oltre a quella dell’atto estremo