Le opere di Francisco de Zurbarán al Palazzo dei Diamanti di Ferrara fino a gennaio 2014

Significativa la frase con cui Salvador Dalì definì la grandezza di Francisco de Zurbarán: «Attenzione! Zurbarán ci sembrerà ogni giorno più moderno, e molto più categoricamente di El Greco rappresenterà la figura del genio spagnolo». È a questa straordinaria modernità barocca, che tanto influenzò artisti del calibro di Édouard Manet, Giorgio Morandi e Pablo Picasso, e che ancora tocca le corde della nostra sensibilità e del nostro senso estetico, che Ferrara Arte e il Centre for Fine Arts di Bruxelles, in collaborazione con il Museo del Prado e il Museo di Belle Arti di Siviglia, dedicano un altrettanto straordinario omaggio, la prima rassegna monografica allestita in Italia delle opere di Francisco de Zurbarán, vissuto tra il 1598 e il 1664, pittore di spicco del Siglo de Oro iberico accanto a giganti quali Diego Velázquez e Bartolomé Esteban Murillo. Il titolo della mostra ferrarese, ordinata nelle sale espositive del rinascimentale Palazzo dei Diamanti, è essenziale precisamente come certe nature morte dell’artista: Zurbarán (1598-1664). Dopodiché a lasciare intendere la genialità di lui nell’uso dei colori e della luce ci pensa la sontuosa Santa Casilda riprodotta nel manifesto, la fanciulla aureolata già divenuta l’icona di questo evento, immagine femminea di rara eleganza, abbigliata di broccati e guarnita di gioielli, quasi una regina del Seicento più che una monaca anacoreta dell’XI secolo. E, del resto, leggenda vuole che la giovane musulmana Casilda, poi convertitasi al cristianesimo, fosse la figlia del re, o dell’emiro, di Toledo. I cinquanta dipinti selezionati dai curatori, Ignacio Cano e Gabriele Finaldi, e provenienti da collezioni pubbliche e private sia europee che americane, vengono proposti a Ferrara entro sezioni cronologico-tematiche «scandite dall’innovazione con cui il pittore ha saputo affrontare generi e temi tradizionali». Il che significa che il visitatore è accompagnato attraverso le varie fasi di maturazione di Zurbarán e quindi attraverso le tappe principali della sua affermazione artistica sulla scena contemporanea, dal giovanile successo di Siviglia, sua terra natale, detta peraltro “la Firenze spagnola”, al “tenebrismo” ispirato a Caravaggio, fino agli effetti del soggiorno madrileno e del contatto con Diego Velázquez che aprirono Zurbarán ad atmosfere più chiare e serene, agli scorci di paesaggio, all’attenzione verso dettagli naturali e domestici, alla stagione delle emozionanti nature morte. Tre sono, comunque, i nuclei fondamentali in cui si articola l’esposizione di Palazzo dei Diamanti. Si parte dai soggetti sacri della prima produzione, tra cui spiccano i personaggi legati all’iconografia e alla devozione mariana come La Vergine bambina addormentata e La casa di Nazareth, una meditazione spirituale in punta di pennello che culminerà successivamente negli esiti grandiosi del San Francesco nella sua tomba e del Cristo crocifisso con un pittore, per il quale qualche studioso ha avanzato l’ipotesi che Zurbarán si sia autoritratto ai piedi della croce con la tavolozza in mano. Seguono poi le luminose nature morte e i quadri a tema allegorico e mitologico, una serie di prove altamente riuscite in cui dominano lo spazio rarefatto, il silenzio, la sobrietà della composizione, la purezza e insieme la monumentalità delle forme e la magistrale regia dei valori luminosi. Valga per tutte il piccolo dipinto Una tazza d’acqua e una rosa conservato oggi alla National Gallery di Londra o il toccante, bianchissimo Agnus Dei, appena più tardo. Chiudono questa iniziativa prestigiosa i grandi quadri di santi che tanta fortuna ebbero anche nel Nuovo Mondo, al punto da approdarvi in gran numero poiché riprodotti in copie, alcuni addirittura in serie dagli allievi e dagli epigoni del maestro sivigliano. Francisco de Zurbarán fu amatissimo dai suoi contemporanei per l’immediatezza con cui seppe raffigurare e raccontare lo spirito del suo tempo, un tempo inquieto e guerresco, magnifico e tragico, solenne e sfarzoso, non per nulla il tempo che nell’arte diede vita allo stile barocco. Il pubblico di Palazzo dei Diamanti che imparerà ad amarlo oggi ne riscoprirà «la ricchezza dei valori e la varietà delle scelte»: visioni estatiche e travolgenti, un misticismo potente che avvolge anche le scene più reali e quotidiane, delicate rappresentazioni mariane, oggetti d’uso comune rivalutati dal suo sapiente uso della luce, e non da ultime figure umane di straordinaria bellezza e maestosità, composte anche nella drammaticità di un martirio o fissate per sempre nell’indicibilità di un miracolo. Andate a conoscere Zurbarán. Ve ne innamorerete.