O Pazzo ha parlato in videoconferenza dal carcere
Alfonso O Pazzo Perrone inguaia lavvocato modenese Alessandro Bitonti. Ieri nellaula della Corte dAssise si è infatti tenuta la seconda udienza del processo contro il civilista e Pasquale Perrone, cugino del presunto casalese. O Pazzo, in collegamento da un carcere del Nord, ha parlato a lungo in videoconferenza. E ha rilasciato dichiarazioni molto pesanti. Innanzitutto va chiarito che per i giudici Alfono Perrone non è un collaboratore di giustizia, e quindi lui e i suoi familiari non godono delle misure di protezione. Nonostante questo – e le minacce che gli sono pervenute dai casalesi – Perrone non si è nascosto dietro ai silenzi. Non ha voluto essere ripreso in viso – «per ragioni di sicurezza» ha spiegato -, ma ha ripercorso nei dettagli il grave episodio avvenuto nel marzo 2010 al bar Storchi a Modena, allepoca della vicenda gestito dalla suocera. Alle precise domande del pm Enrico Ceri, O Pazzo ha risposto sostenendo che lavvocato modenese avrebbe curato «gli interessi del clan dei casalesi. Con me non aveva solo un rapporto di consulenza ma anche di amicizia». Perrone ha quindi confermato che Bitonti gli avrebbe chiesto di intervenire nei locali del bar per «dare una lezione ai veronesi che lavevano truffato con un giro di auto facendogli sparire dei soldi e che poi lhanno aggredito nel suo studio». «Oltre a me – sostiene – lha chiesto anche a Sigismondo Di Puorto». Di Puorto – prima del suo arresto nel dicembre 2010 a San Cipriano dAversa – era ritenuto il numero tre del clan dei Casalesi (gruppo Schiavone). Perrone ha quindi parlato nel dettaglio dellaggressione. E ha affermato che lavvocato modenese, dopo la vicenda, gli avrebbe promesso dei soldi. Il pm gli ha dunque fatto ascoltare una intercettazione in cui si sente Bitonti ringraziare O Pazzo per «la lezione di vita», e in cui promette che il denaro che verrà recuperato sarà diviso in tre parti: una lavrebbe tenuta, laltra sarebbe andata ad Alfondo Perrone, lultima a Douglas Marchesi. «Ho sempre avuto buonissimi rapporti con lui e la sua famiglia – ha concluso Perrone parlando di Bitonti -, non abbiamo mai litigato e non lho mai minacciato, anche perchè era un nostro appartenente». Una pesante accusa, tutta da dimostrare.