La rabbia dei residenti di San Matteo

Alberto Barbi si appoggia al muro spossato. E’ tutta mattina che spala fango nel suo giardino, ma c’è ancora molto da fare, come se fosse cambiato poco da quel 19 gennaio. Quasi un mese fa si apriva la falla nell’argine del Secchia e a San Matteo gli effetti dell’esondazione sono ancora visibili. Alberto è uno dei residenti della frazione a pochi chilometri da Modena, che da quel giorno fa i conti con un’abitazione dove le mura sono ancora impregnate d’acqua. Dopo i riflettori dell’emergenza, durante la riparazione della falla e l’intervento della Protezione civile, ora gli abitanti di questo minuscolo gruppo di case si sentono abbandonati. «Ci aspettavamo che dal Comune si facesse vivo qualcuno anche dopo la fine dell’allerta, ma nessuno ci ha fatto una telefonata. Ci sono ancora montagne di rifiuti in giro e non sappiamo quando verranno a prenderli», confida amareggiato Alberto. E allungando lo sguardo lungo la strada fino ai campi circostanti, lo scenario è sempre lo stesso, rinondante e desolante: fango nelle campagne e montagne di pantano nei cortili. Qualcuno ha lasciato gli stivali sporchi vicino all’uscio con l’immancabile pala ed è rientrato in casa per riposarsi. Alberto e un vicino provano a ripulire il cortile, liberando oggetti dalla terra e spostando in un angolo i sacchi di sabbia usati per bloccare le infiltrazioni d’acqua. All’interno delle abitazioni le stufette accese sono girate verso le pareti. «Ci vorranno almeno quattro mesi prima che siano asciutte – spiega ancora Alberto -. Cercherò di sistemare casa come posso: sicuramente non potrò permettermi le cifre che mi ha preventivato il geometra l’altro giorno». Ed eccola la vera incognita che non fa dormire sonni tranquilli alle famiglie colpite dall’alluvione: la conta dei danni. Arriverà qualcosa dalla Regione? Ci sarà un’ordinanza ad hoc come col sisma? «Per scrostare e risistemare tutti i muri mi hanno preventivato circa 70mila euro, ma dove li prendo? Senza contare tutti i mobili che ho perso, gli elettrodomestici, le mie cose personali e tre automobili». La sera del 18 gennaio Alberto era rientrato all’una di notte dopo una serata con la sua compagna: che i fiumi fossero in piena era noto, ma non avrebbe mai potuto immaginare quello che sarebbe successo da li a poco. «Quando alle 6 ho sentito i cani abbaiare mi sono affacciato e ho visto che l’ abitazione era circondata dall’acqua del Secchia. La corrente era impressionante e sembrava dovesse travolgere tutto». Sceso dalle scale, l’acqua era salita già al terzo gradino. «Qualche ora dopo la Protezione civile è venuta a prelevarci con un gommone e ci ha portato a Modena – racconta ancora Alberto -. Quando sono tornato il giorno dopo, ho dovuto spaccare un vetro della porta d’ingresso per rientrare. Dentro casa era un disastro: i mobili galleggiavano e non si riusciva a camminare per quanto fango c’era». Passata la piena sono iniziate le pulizie, con armadi e tavoli accatastati lungo la strada e l’occhio rivolto costantemente verso l’argine col terrore che l’acqua tornasse a divorare tutto. «Ho dovuto farmi aiutare da alcuni ragazzi per spalare il fango dal piano terra – ricorda ancora Alberto -. I fossati lungo la Canaletto sono ancora pieni e spero che l’Anas faccia qualcosa al più presto. Sicuramente non possiamo pensarci noi residenti. Non voglio fare polemiche, ma qui abbiamo bisogno di una mano». Una Commissione scientifica creata ad hoc dalla Regione dovrà fare luce sulle cause dell’alluvione, ma i residenti di San Matteo non vogliono sentire parlare di tane. «Vivo qui da sempre e avrò visto non più di tre nutrie in vita mia – assicura Alberto -. A mio parere il vero guaio è stata la scarsa manutenzione del letto del fiume. Negli anni sono cresciuti arbusti lungo la riva che nessuno ha mai rimosso. Quando la piena ha raggiunto il suo massimo, l’acqua è rimasta strozzata come in un imbuto e l’argine ha ceduto». nVincenzo Malara