Gli edili di Confindustria chiedono di rivedere il sistema

«E’ un autentico effetto distorsivo della leale concorrenza». Non usa mezzi termini, il presidente di Ance Modena Stefano Betti, nel definire il meccanismo della white list, l’elenco delle ditte autorizzate a operare nella ricostruzione post-terremoto della Bassa modenese. Quel meccanismo, dice in sostanza Betti, falsa il funzionamento del libero mercato. Insomma: il caso della Fratelli Baraldi, felicemente concluso la scorsa settimana (vedere articolo in basso), non ha esaurito le polemiche. Secondo gli edili di Confindustria, sono poco più di un centinaio le imprese già iscritte alla white list, su oltre 3mila che hanno presentato domanda in Prefettura. Se i rigetti effettivi sono stati pochi, solo una parte delle aziende non iscritte, invece, è stata inserita nella «lista provvisoria». Ciò vuol dire che esse sono temporaneamente abilitate a lavorare, in attesa che le Prefetture verifichino le loro posizioni. E già questo può non bastare. Come fa notare la nota dell’Ance, secondo l’articolo 5 bis del decreto legge 74 del 2012, se una ditta in lista provvisoria vince un appalto di un ente pubblico, questo deve poi effettivamente assegnargli il cantiere. Ma se il committente è privato, le cose cambiano: se un giorno all’impresa fosse rifiutata l’iscrizione, il committente stesso perderebbe tutti i rimborsi per la ricostruzione. Molti, pertanto, già ora preferiscono rivolgersi altrove. Ovvero: preferiscono comunque affidarsi a chi è già nella white list definitiva, anche se questi presenta un’offerta meno conveniente, piuttosto che a un’impresa in stand by. La situazione, secondo l’Ance, è particolarmente complessa per le aziende della provincia di Modena. Ovviamente la Prefettura di viale Martiri della Libertà, che pure svolge quotidianamente un ottimo lavoro, ha in carico un elevatissimo numero di domande, mentre in altre regioni analoghi uffici hanno meno richieste. Altrove, dunque, le ditte ottengono più rapidamente l’entrata nella white list, e poi possono venire a lavorare nella Bassa a discapito delle ditte locali. Alcune delle quali, ha ricordato Betti, vivono ancora nel limbo nonostante siano «conosciute e affidabili, presenti da tempo sul territorio». E attenzione: per chiudere tutte le pratiche aperte a Modena potrebbe servire qualcosa come vent’anni. Sia chiaro: da Confindustria non vogliono assolutamente discutere «la validità della white list per contrastare le infiltrazioni mafiose». Però contestano la sua attuazione: «In un recente incontro con il vice prefetto vicario Mario Ventura, abbiamo posto queste gravi difficoltà. E abbiamo proposto concrete soluzioni che potrebbero consentire un’accelerazione delle procedure». L’alternativa è quella di vanificare il possibile effetto-traino che la ricostruzione potrebbe garantire per una mini-ripresa dell’economia locale.