Nel video l’intervista a Alberto Zambianchi, Presidente Unioncamere Emilia-Romagna
La crisi dovuta al Covid ha allargato drammaticamente la forbice tra le piccole imprese e quelle più grandi e messo ancora più in difficoltà i giovani e le donne. Non è un quadro solo nazionale, ma tocca anche l’Emilia Romagna. La situazione è emersa dall’indagine congiunturale sull’industria manifatturiera sul quarto trimestre del 2020 e sulle previsioni per il 2021 presentata oggi da Unioncamere, Intesa Sanpaolo e Confindustria. Chiuso l’annus horribilis del Covid, questo che doveva essere l’anno del rilancio offre dati meno felici del previsto. L’Emilia-Romagna secondo le stime dovrebbe trainare la ripresa del nostro Paese, con una prospettiva di crescita del 5,4%, che tuttavia potrebbe incontrare due ostacoli: la persistente presenza del Covid e la lentezza dei vaccini. Cosa lascia il 2020, nella nostra regione? Quella che viene definita la peggiore crisi dal secondo dopoguerra viene illustrata in numeri da una perdita dell’industria pari al 12%; 2mila aziende in meno rispetto al 2019, di cui 678 solo di manifatturiera, e una perdita di quasi 50mila addetti, soprattutto coloro che avevano contratti a termine, e quindi per lo più giovani e donne. Chi ha risentito di più della crisi è stato il settore della moda e in generale, le piccole imprese. Se nel corso del 2020 le attività più grandi sono riuscite a contenere le perdite, i piccoli imprenditori si sono ritrovati a perdere il 30% di fatturato. La crisi ha quindi acuito difficoltà già in essere. La situazione adesso, sostengono i relatori è quella di uno stallo dato da investimenti che non crescono e l’incertezza che aleggia sulla campagna vaccinale e sulla fine dell’epidemia.