Il decreto legge sulle liste d’attesa nella sanità pubblica voluto dal governo Meloni non piace e sta già trovando aspre critiche dalla Fondazione Gimbe che nella sua audizione in Senato ne ha messo in evidenza i punti deboli. Invece di migliorare una situazione che vede tempi di attesa biblici per visite ed esami e liste chiuse, secondo Gimbe il nuovo decreto non prevederebbe finanziamenti aggiuntivi e avrebbe anche tempi di realizzazione incerti. Con  un ulteriore sovraccarico per il personale sanitario, nulla per ridurre gli esami inutili ma solo sanzioni. Il decreto, infatti, prevederebbe solo il potenziamento dell’offerta di prestazioni sanitarie a fronte del numero invariato di professionisti che dovrebbero erogare servizi anche nel week end, andando però a scontrarsi con le direttive europee. Per loro, in contropartita, ci sarebbe un’aliquota unica al 15% sulle prestazioni aggiuntive. Denaro che verrebbe tolto dal fabbisogno sanitario nazionale prendendo quest’anno 80 milioni di euro dal fondo per i danneggiati da trasfusioni e vaccinazioni e dal 2025, ben 160 milioni riducendo la spesa destinata al perseguimento degli obiettivi sanitari di carattere prioritario e di rilievo. Un decreto che Gimbe dice che sarebbe pienamente operativo, peraltro, solo previa approvazione di almeno ben sette decreti attuativi, con scadenze non sempre definite allungando, di conseguenza, i tempi di attuazione. Secondo Gimbe servirebbe al contrario una forte necessità di investire con aumento degli organici del personale sanitario. Diversamente si  rischia la fuga dei professionisti verso l’attività privatistica.