Dal punto di vista del cambiamento climatico, “l’Emilia-Romagna è messa leggermente peggio dell’Italia e dell’Europa, nel senso che in regione abbiamo una crescita della temperatura media dagli anni ’80 che è pazzesca. E, complessivamente, ci ritroviamo tra 1,5 e 2 gradi di aumento in 60 anni: è davvero un aumento molto elevato, al di là della confusione che si fa spesso tra troppi numeri.

In Emilia-Romagna abbiamo impatti forti, in particolare sul fronte del rischio idrogeologico, e li abbiamo già adesso: non si tratta di scenari futuri”. Sulle temperature, in particolare, basta considerare il 2019: in Emilia-Romagna è stato l’anno più caldo dal 1961, dopo il 2014, il 2015 e il 2018, oltre che l’inverno più caldo, sempre in 60 anni, nonchè l’anno con più piogge record in maggio e in novembre.

Lo segnala Carlo Cacciamani, direttore del servizio Idrometeoclima di Arpae Emilia-Romagna, nel corso di un convegno sul clima oggi in Regione. Nel giorno del ritorno delle manifestazioni ‘Fridays for Futurè, Cacciamani, che negli ultimi anni ha lavorato anche all’ufficio Mitigazione del rischio della Protezione civile nazionale, avvisa in sala citando i trend dell’osservatorio sul clima dell’Emilia-Romagna: “La situazione già adesso sta cambiando e si sta modificando. Dal ’90 al 2020 c’è stato un salto repentino della temperatura in regione. Da una media di 12,7 gradi nel periodo 1990-2020 si è passati a 13,5 gradi nel periodo 2020-2050. È una situazione che nella migliore delle ipotesi si manterrà, nella peggiore si aggraverà”. In questo quadro, Cacciamani passa in rassegna immagini che ritraggono i disastri degli ultimi tempi in Emilia-Romagna, da quello del Nure al Baganza su Parma, passando per Modena e il modenese, Rimini con la sua ‘bomba d’acquà (“termine orribile”, boccia Cacciamani) datata 2013 e altro ancora.

Si sbraccia il direttore del servizio Idrometeoclima di Arpae passando in rassegna le slide: “Questa è l’Emilia-Romagna, non è l’Oklahoma: è un tornando con 200 chilometri all’ora di vento che è arrivato a sbattere vicino a Modena, facendo 30 milioni di euro di danni in una botta sola. Ed ecco l’alluvione del torrente Baganza su Parma, con la ramaglia portata dalla piena che si accatasta sotto i ponti, e che ti tira giuù il ponte, se per la prossima volta non pulisci la ramaglia. se la prossima volta non pulisci il ponte te lo tira giù. ‘Adattamento’, infatti, significa tener puliti i fiumi, o meglio i corsi d’acqua”. L’acqua, così, porta a parlare della siccità, altro flagello.

“Se confrontiamo il trentennio ’61-’90 con quello ’90-2015- puntualizza Cacciamani- si vede che l’Emilia-Romagna si è ‘seccata’, con un -20% di pioggia negli ultimi due decenni. È un termine poco corretto dal punto di vista tecnico, ma rende l’idea. Gli anni 2007, 2008, 2012, 2017 sono stati quelli più siccitosi, e più o meno in 10 anni abbiamo avuto quattro crisi idriche. È un’apocalisse. Anzi, cancellate questa parola- si corregge il direttore in sala- anche se quella di cui parliamo è una serie sicuramente straordinaria”. E quattro mesi prima che scattasse la siccità del 2012, ad esempio, erano venuta una neve da record, con tre metri e mezzo caduti nei territori delle province di Rimini e Forlì-Cesena, nel febbraio probabilmente più nevoso della storia.

“Il clima- conclude Cacciamani- sta diventando schizofrenico non da oggi, quindi, e in modo molto marcato. Piove di meno e piove diversamente, spesso con una pioggia che non aiuta le attività agricole: servirebbe quella ‘lentà, da 1.000 millimetri di acqua in un anno, più o meno”.