Nel video intervista a Massimo Neviani, Comitato Salute ambientale Campogalliano

Si ruppe come un vetro, l’argine del Panaro, per un’ampiezza di circa 30 metri che fece defluire litri e litri di acqua prima nelle campagne, poi a Nonantola, ma anche a Castelfranco, Bomporto, Ravarino. Un disastro dettato dalla furia della natura, ma la domanda che rimane è se non si poteva, forse, fare di più per prevenirlo. Non era infatti la prima volta che l’argine del Panaro si rompeva. Nell’arco di 300 metri dal luogo in cui l’argine sprofondò nel 2020, sono visibili almeno altri 4 punti di rottura: un tratto cedette nel 1952, un altro nel 1969, due volte un tratto si ruppe nel 72, un altro ancora appena l’anno dopo. Sette volte nel giro di 70 anni. Altri segnali d’allarme arrivarono dall’inchiesta sulla rottura del 2020, segnalano oggi i comitati ambientali dei cittadini. L’indagine rilevò materiale eterogeneo e fragile all’interno dell’argine, oltre alla presenza di componenti vegetali marciti.