Nel video l’intervista a Luca Lombroso, Meteorologo Ampro
Non si è trattato solo di un evento estremo e soprattutto il cambiamento climatico, sebbene in atto, non avrebbe contribuito ad aumentare l’intensità dell’alluvione che ha colpito drammaticamente la Romagna. Questo quanto emerge da una analisi pubblicata da una organizzazione di scienziati dell’Imperial College che punta il dito contro l’azione dell’uomo sul territorio. Secondo lo studio pubblicato dall’Istituto scientifico non si può parlare di un evento imprevisto ma più che altro bisogna analizzare l’impatto che l’uso del suolo ha sulla gravità e sulla violenza delle inondazioni fluviali e improvvise. L’Emilia Romagna ad esempio, secondo l’Ispra, è la prima regione d’Italia per cementificazione in aree alluvionali, con un elevato consumo di suolo perfino nelle aree protette, nelle aree a pericolosità di frane e in quelle ad elevato rischio idraulico. In questo modo l’uomo ha modificato le caratteristiche e cambiato l’assetto del territorio circostante, rendendolo di fatto più vulnerabile. Negli ultimi decenni, la rapida urbanizzazione e il tessuto urbano sempre più denso hanno limitato lo spazio per il drenaggio dell’acqua e aumentato il rischio di inondazioni. Questo ha esacerbato l’impatto delle forti piogge.
Altro tema che fa discutere è quello legato alla manutenzione degli argini. Per il Wwf, in realtà se ne fa fin troppa ma il problema è che si fa nel modo sbagliato. Partendo proprio dalla nostra regione secondo l’associazione si interviene dove e quando conviene ai privati, con interventi grandemente sovradimensionati che distruggono la vegetazione delle rive compromettendo la stabilità dei fiumi.