Il 3 settembre 2024 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la normativa che ha dato il via al CIN, il Codice identificativo nazionale degli immobili turistici, come previsto dal Decreto Legge 145/2023. Sono ormai trascorsi 40 giorni dall’entrata in vigore del CIN, e manca poco al 2 novembre, quando entreranno in vigore le rilevanti sanzioni per chi affitta appartamenti e camere senza possedere il codice. Sono previste sanzioni anche per chi, affittando un appartamento od una camera, non espone all’esterno della casa il CIN, e non lo dichiara nelle inserzioni in rete. Le sanzioni riguardano anche il mancato rispetto delle obbligatorie normative di sicurezza, per tutte le tipologie di affitto breve, in particolare quando sono assenti o non a norma i rilevatori di gas combustibili, di monossido di carbonio e gli estintori.
Nonostante la loro progressiva crescita al momento i CIN rilasciati in provincia di Modena sono solo il 49,5% degli immobili noti alle statistiche, che ovviamente non sono tutti i circa 900/1200 appartamenti e camere probabilmente in affitto breve, nella sola città di Modena.
Lo scorso 20 settembre abbiamo reso noto l’articolato rapporto di Federconsumatori “Una notte a Modena”, al quale rimandiamo per le valutazioni generali. Ora aggiungiamo alcuni dati, che evidenziano la necessità di elevare ulteriormente l’attenzione generale rispetto ad un fenomeno che a Modena non è ancora un’emergenza, ma che potrebbe diventarlo in poco tempo. Gli affitti brevi sono un elemento importante dell’offerta turistica del nostro capoluogo e della nostra provincia. Aumentano le opportunità per i turisti, moderano i prezzi e sono una legittima iniziativa imprenditoriale. Se non sono ancora in emergenza nei numeri, distanti da quelli delle maggiori città italiane, gli affitti turistici e brevi hanno un evidente problema sul fronte della legalità e della sicurezza.
Federconsumatori ha esaminato, sui portali di Airbnb e Booking, 100 operatori modenesi dell’affitto inferiore a 30 giorni, differenziandoli tra operatori (host) professionali e soggetti privati, questi ultimi solitamente possessori di una o di poche unità immobiliari. Ecco gli esiti della nostra verifica.
I CODICI. L’86% degli operatori professionali comunica sui siti il proprio CIN od il CIR (quest’ultimo è il codice regionale che sarà sostituito dal nazionale). Assai peggiore il dato tra gli host privati, che scendono poco al di sotto del 50%. Dentro a questo numero si segnalano le camere in affitto (o subaffitto) all’interno di una unità immobiliare, dove meno del 20% di chi le propone non ha il codice identificativo. Pur senza automatismi, non avere il codice identificativo può segnalare una evasione degli obblighi fiscali.
LA SICUREZZA. Si tratta davvero di un’area critica. Solo il 33% degli operatori professionali dichiara di avere installato nell’unità immobiliare rilevatori di gas combustibili e di monossido di carbonio, ed estintori di almeno 6 kg (eventualmente al piano), oltre a fornire agli ospiti le necessarie informazioni sulla sicurezza.
Questa percentuale, già molto negativa, scende ad appena il 16% nel caso di host privati, di operatori non professionali. Dentro questo dato si segnala che nessuna delle camere in affitto da noi esaminate dichiara di essere in regola con gli obblighi di sicurezza. Obblighi che sono in capo a tutti coloro che propongono affitti brevi, inferiori a 30 giorni.
GLI INDIRIZZI, QUESTI SCONOSCIUTI. Gli affittuari forniscono ai possibili clienti una infinità di informazioni; qualcuno si spinge a dichiarare il nome dei figli e del cane, l’indirizzo di un’ottima panetteria, il proprio nome e, raramente, il cognome. Curiosamente, essendo l’oggetto l’affitto di una unità immobiliare, è quasi sempre assente l’esatto indirizzo dello stesso. Affittare in centro a Modena, al primo piano, sotto un’affollata pizzeria, è cosa diversa dall’affitto di un appartamento in una via tranquilla. Quindi? Quale riservatezza è necessaria? Da un lato è evidente che Airbnb e Booking difendono la propria provvigione, ostacolando il contatto diretto tra le parti. Dall’altro la mancata identificazione dell’immobile “tutela” anche quell’operatore sconosciuto al fisco, che vuole evitare controlli rapidi e semplici rispetto all’esposizione del Codice identificativo (si ricorda che già dal 1° gennaio 2024 è sanzionata la mancata esposizione del codice regionale al di fuori dell’immobile). Non stupisce quindi che quel misero 6% di immobili che dichiarano il proprio indirizzo siano tutti dotati di CIN e CIR, oltre che delle dotazioni di sicurezza.
In conclusione per Federconsumatori non si può tollerare, in nessun modo, il mancato rispetto degli obblighi di legge, a partire da quelli relativi alla sicurezza dei consumatori-turisti che utilizzano gli affitti brevi. Da questo punto di vista ci attendiamo la massima attenzione da parte dei soggetti preposti ai controlli.