A poco più di due mesi dalle cruciali regionali in Emilia Romagna, in una campagna elettorale permanente spinta dalla Lega e nella temperie della litigiosa maggioranza di governo, i democratici provano a prendersi del tempo per ragionare dell’Italia, ma anche del partito, dallo statuto alle alleanze. Domenica l’assemblea nazionale del Pd a Bologna voterà le proposte della commissione per la riforma della ‘governance’ dem presieduta da Maurizio Martina: al centro la possibile separazione tra il ruolo di segretario e quello di candidato premier, sovrapposti invece in epoca renziana e anche prima. Non sarà più un automatismo. La scelta della leadership con le primarie aperte rimanda al tema delle alleanze, con il nuovo Pd di Zingaretti che vuole aprirsi “al civismo migliore – ha detto Gianni Cuperlo dal palco -, perché ci aiuti. Senza il Pd non si costruisce un argine alla destra, ma solo il Pd non basta”. Insomma il modello Umbria non è accantonato perché ha fallito in Umbria. Anche con il governo bisogna insistere, afferma Franceschini. “Sapevamo che era difficile, è difficile, ma non possiamo fermarci alle prime difficoltà. Quindi massima apertura alla società civile e alle altre forze della sinistra – o quel che ne resta con l’obiettivo di “offrire una speranza all’Italia ha concluso il segretario Zingaretti.
ALLEANZE E STATUTO, CONFRONTO NEL PD A BOLOGNA
Continua a Bologna la tre giorni del Partito Democratico dal titolo “Tutta un’altra storia”, che domani vedrà ulteriori interventi, tra i quali quello di Paolo Gentiloni e di Stefano Bonaccini e si chiuderà con la conclusione del segretario Nicola Zingaretti e con i lavori dell’Assemblea nazionale per le modifiche dello Statuto