Racket dei funerali. Il caso Bologna ha portato a galla la realtà di un sistema illegale. Gli infermieri provvedevano ad agganciare i familiari dei defunti mettendoli in contatto con i rispettivi referenti delle varie agenzie funebri. La testimonianza di Gianni Gibellini, ospite questa sera di Faccia a faccia
Ventisette persone arrestate, sequestri per 13 milioni e un controllo criminale pressochè totale delle camere mortuarie dell’ospedale Maggiore e del Sant’Orsola di Bologna. L’indagine sul racket del caro estinto ha sconvolto nelle scorse settimane del capoluogo emiliano. L’accusa è chiara: gli infermieri provvedevano ad agganciare i familiari dei defunti mettendoli in contatto con i rispettivi referenti delle varie agenzie funebri. Il tutto aggravato da intercettazioni che svelerebbero furti e il dileggio delle stesse salme. A fare un parallelo tra la realtà bolognese e quella modenese è Gianni Gibellini, presidente nazionale EFI e titolare della Cofim TerraCielo di Modena, ospite della trasmissione Faccia a faccia su TvQui. Gibellini parte dalla condanna a due anni e 10 mesi per una dipendente Ausl di Modena che chiedeva soldi alle agenzie funebri per indirizzare i parenti dei defunti a una determinata agenzia e, in caso di diniego, ostacolava – come poteva – il percorso del funerale. Una indagine partita proprio dalla segnalazione dello stesso Gibellini che rilancia il suo appello al legislatore per mettere mano a una legge nazionale attesa da anni che regolamenti il settore. Senza un quadro normativo chiaro e uniforme sul territorio, e senza controlli mirati, episodi di questo tipo continueranno a ripetersi”. Le denunce sono costate ostracismo e critiche allo stesso presidente Efi, ma questo non ha fermato la sua battaglia.
Nel video l’intervista a Gianni Gibellini