L’inchiesta anti-mafia: altre 23 persone potrebbero finire sotto processo. La procura di Bologna infatti, ha chiuso le indagini sulla seconda tranche dell’operazione Aemilia.
Chiuso il cerchio sulla seconda tranche dell’operazione Aemilia, l’inchiesta sulle infiltrazioni della Ndrangheta tra Modena, Reggio e Bologna, che riguarda principalmente il reinvestimento dei patrimoni presumibilmente illeciti dei boss del clan Grande Aracri in Emilia Romagna. La procura di Bologna ha inviato a 23 persone la notifica di conclusione indagini. Tutti, dunque, potrebbero finire a giudizio, unendosi ai 224 imputati della prima parte dell’inchiesta, per reati relativi all’intestazione fittizia dei beni finalizzata ad eludere i controlli delle forze dell’ordine e della magistratura. Il classico sistema delle “teste di legno” attraverso il quale i padrini di Cutro pensavano di salvare l’immensa cassaforte di aziende, immobili e società a loro riconducibili. Tra i nomi che spuntano nelle carte della Dda bolognese c’è quello del boss Nicolino Grande Aracri e alcuni prestanome.
Secondo l’indagine condotta dai carabinieri, gli ‘ndranghetisti per eludere le norme in materia di misure di prevenzione patrimoniale e per evitare di farsi sequestrare i beni, negli anni avrebbero intestato fittiziamente a dei prestanome ad alcune società. Un patrimonio sconfinato che, all’epoca dei sequestri, venne stimato per un valore di oltre 300 milioni di euro. Nelle prossime settimane potrebbe procedere con l’eventuale richiesta di rinvio a giudizio.