La storia di Andrea Bellei, giovane sassolese tornato da uno scambio interculturale

E’ come vivere in una sorta di dimensione parallela. Lontani da casa. Lontani da tutto. Ci sono studenti della quarta superiore che decidono di frequentare un anno scolastico all’estero. Dodici mesi in un’altra famiglia. Dodici mesi a fare i conti con differenze, nuovi amici e usanze che appaiono lontane anni luce dalla nostra società. Gli scambi interculturali non sono una novità, ma come tutte le cose si sono evoluti nel tempo diventando sempre più accessibili. Così sono sempre di più i giovani studenti modenesi che scelgono di lanciarsi in un’avventura non da poco. I motivi possono essere i più disparati: spirito d’avventura, voglia di conoscere usi e costumi altrui e, soprattutto, investire un anno della propria vita in un’esperienza formativa che verrà utile nelle scelte future. Università in primis. Sono diverse le agenzie che curano gli scambi con l’estero. Scambi che alla base prevedono un’attenta scrematura dei curriculum scolastici. Una di queste è l’onlus Intercultura, in provincia di Siena, che a Modena vede l’impegno incessante di 5 volontarie per costruire questo dialogo tra lingue e culture diverse (ne parliamo più approfonditamente sotto). Da sempre gli scambi interculturali hanno Stati Uniti, Inghilterra e nord Europa come mete regine, ma negli ultimi anni sono cresciute le richieste anche per Paesi più remoti. Paesi dove l’occidentalizzazione si scontra con gli scenari più tremendi della povertà. Andrea Bellei, studente 17enne di Sassuolo, è appena tornato dall’Honduras. Al telefono nessuno direbbe che è emiliano. «Stare laggiù così tanto tempo mi ha fatto perdere l’accento», racconta divertito. La sua storia è una fotografia perfetta di cosa può volere dire vivere per dodici mesi in un altro mondo. «Già mio fratello era stato all’estero per un progetto simile e ho scelto il centro America perché volevo conoscere una cultura diversa. Gli Stati Uniti hanno peculiarità tutte loro, ma sono molti simili alle nostre. Invece l’Honduras mi ha dato la possibilità di un’avventura tutta nuova. Sono partito a fine agosto dell’anno scorso e sono stato ospite di una famiglia a San Pedro Sula». Inevitabile che il primo problema sia stato quello della lingua. Andrea studia inglese al liceo scientifico-tecnologico Volta di Sassuolo e, fortunatamente, l’istituto privato a San Pedro era un bilingue. «All’inizio imparare lo spagnolo è stato difficile, ma la particolarità della scuola mi ha aiutato tantissimo. Anche il rapporto coi professori è differente che da noi. Da parte loro c’è più voglia di seguire il singolo e in caso di necessità si fermano anche oltre l’orario scolastico per seguirti». Il contesto scolastico di San Pedro è un mix di lezioni, ma anche di occasioni per connettersi col mondo esterno. «Al mattino si comincia alle sette e la prima ricreazione è alle nove e mezza. Poi c’è un’ulteriore pausa per il pranzo alla mezza e poi si continua con i professori fino alle due del pomeriggio. Rispetto all’Italia si lavora più in aula e si danno meno compiti da fare a casa. Tra le iniziative più particolari c’erano, per esempio, le olimipiadi della matematica e della scienza che mettevano di fronte gli studenti migliori delle altre scuole del territorio». Poi c’era il tempo libero che per Andrea significava soprattutto dedicarsi al nuoto. «Dopo le lezioni andavo in vasca tutti i giorni per almeno tre ore. La mia squadra ha partecipato anche ai campionati centro americani ma purtroppo ho avuto un problema di tachicardia e ho dovuto dare forfait». Tra i tratti salienti nell’identikit dell’Honduras c’è quello di essere uno dei paesi più poveri delle Americhe. Andrea lo ha visto coi suoi occhi. Immagini che noi italiani scrutiamo soltanto nei servizi sbrigativi dei telegiornali. «San Pedro conta un milione di abitanti ed è la seconda città più grande dopo la capitale Tegucigalpa. La famiglia dove sono rimasto per un anno era benestante ma nel tragitto verso scuola e nelle mie passeggiate pomeridiane l’impatto con la povertà era ovunque. In Honduras non esiste come da noi una classe media: laggiù ci sono i ricchi o chi non ha neanche un pezzo di pane. Ho ancora in mente un giorno che ho incontrato un uomo a bordo di un carretto trainato da cavalli e di fianco procedeva una Ferrari. Sono due facce della stessa realtà. Noi italiani non siamo abituati a questo impatto che può toglierti il fiato». A volte è proprio la diversità a stimolare l’ingegno. La diversità a solleticare la tua voglia di conoscere. Una regola che Andrea cita più di una volta nella nostra chiacchierata: «Arrivare e non conoscere nulla mi ha dato lo slancio per non darmi per vinto e affrontare questa esperienza. All’inizio allontanarmi dai miei genitori, gli amici e la mia quotidianità è stata dura, ma a San Pedro ho trovato un’altra casa e altri affetti. In Honduras anche il modo di divertirsi è diverso. Alla sera si preferisce stare in casa, tra conoscenti, e non c’è questa smania di discoteche e locali». Un viaggio in una vita meno caotica e più legata agli affetti dove è la famiglia di destinazione a giocare un ruolo imprenscindibile. «Adesso per me quella è una seconda casa. Avevo tre fratelli, due della mia età e uno più piccolo. La cosa fondamentale degli scambi è che a questa età ti senti realmente parte di quella famiglia. All’inizio hanno cercato in tutti i modi di farmi sentire a mio agio, aiutarmi, poi le differenze si sono azzerate. Ora so che loro saranno sempre li e potrò andare a trovarli quando vorrò». Tre settimane fa Andrea è tornato a casa. A Sassuolo. Ed è stato come un piccolo grande choc. «Tutto mi sembrava più piccolo di quando sono partito. Come se dovessi riabituare la mia vista ai posti dove sono cresciuto. La nostaglia per San Pedro c’è, ma continuo a rimanere in contatto con tutti grazie al web e ai social network». Ora che lentamente Andrea si è riappropriato della sua vita, è inevitabile fare un bilancio di cosa ha significato questo scambio interculturale. «Vivere questo anno altrove mi ha aperto sicuramente la mente. Trovarti da solo, senza i tuoi genitori, ti obbliga a confrontarti con problemi che puoi risolvere soltanto con le tue forze. Dopo questo anno mi sento sicuramente più autonomo e conoscere tre lingue a diciassette anni sarà sicuramente utile per il mio futuro». Futuro che per Andrea, dopo l’ultimo anno di superiori, significherà iscriversi all’università. Magari tornando dove ha vissuto un’esperienza straordinaria: «Il mio obiettivo è andare nuovamente all’estero. Mi piacerebbe iscrivermi in un’università in sud America. Magari in Costa Rica». nVincenzo Malara