Le armi chimiche siriane destinate alla distruzione transiteranno dal porto di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Lo ha annunciato il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, in commissioni riunite Affari esteri e Difesa di Camera e Senato. L’operazione, ha spiegato, sarà di «trasbordo» su una nave statunitense di sessanta container che non toccheranno terra. Il sindaco non ci sta. «Stiamo valutando di emettere un’ordinanza per chiudere il porto», dice Domenico Madaffari, primo cittadino di San Ferdinando, il comune in cui ricade il 75% del porto, tutte le banchine. «Vedrò – ha aggiunto – con i colleghi di Gioia e Rosarno cosa si può fare con molta calma». Ma la scelta sembra essere stata già fatta. Il capo dell’Opac (l’Organizzazione per la proibizione delle Armi Chimiche), Ahmet Uzumcu aveva anticipato che il transito delle circa 500 tonnellate di sostanze letali sarebbe dovuto avvenire tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio e in non più di 48 ore. Quanto alle preoccupazioni già serpeggianti in Italia, il diplomatico turco ha assicurato che «è stata presa ogni misura possibile per un trasferimento sicuro: i rischi sono molto evidenti e abbiamo preso tutte le misure per ridurli al minimo». Il piano Onu-Opac ha individuato un porto italiano come quello in cui i container con le sostanze chimiche saranno trasferiti dai cargo danese e norvegese (che le avranno prelevate nel principale porto siriano, quello di Latakia) alla nave americana Cape Ray, incaricata della loro neutralizzazione in alto mare. Originariamente era previsto che la distruzione delle sostanze chimiche «primarie» – sostanze come l’iprite, il sarin e il gas nervino VX – fosse completata entro fine marzo, ma la guerra civile innanzitutto, oltreché il cattivo tempo e la burocrazia hanno rallentato i tempi. Si pensa così a giugno per la fine delle operazioni.