Con queste parole è stata annunciata dal Cardinale Kevin Farrell, la morte di Papa Francesco. Aveva 88 anni. Il Pontefice si è spento a Roma, a Casa Santa Marta, dove era stato trasferito dopo il ricovero al Gemelli. Nel Lunedì dell’Angelo dell’anno giubilare è lutto, in tutto il mondo. Francesco era conosciuto come il papa della gente e fino all’ultimo, nonostante la malattia che lo aveva costretto per più di un mese in ospedale, ha risposto a questa descrizione: pochi giorni fa ha fatto visita al carcere, ieri, anche se per pochi secondi, ha incontrato il vicepresidente degli Stati Uniti Vance. Il Papa di tutti, il Papa del mondo. E proprio lui stesso, con ironia, si era così descritto: “Mi hanno scelto dalla fine del mondo”. Davvero, veniva dalla fine del Mondo. Nato il 17 dicembre del 1936 con il nome di Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco veniva da Buenos Aires. Educato a pensare come un gesuita, ha scelto di vivere come un francescano. La polmonite lo aveva costretto al ricovero, a partire dal 14 febbraio e fino al 23 marzo. Nonostante fosse molto indebolito, non si è mai fermato e ci ha tenuto a scrivere il messaggio di Pasqua, anche se non è riuscito a leggerlo. Un messaggio “Urbi et Orbi” già divenuto il suo testamento: un testamento di pace. Un testamento che guarda alla rinascita di Gesù come all’amore che vince sull’odio. Quell’odio che porta alle guerre, che Papa Francesco ha sempre condannato. Nello stesso Messaggio il Santo Padre ha condannato il riarmo: “Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! – ha scritto il Pontefice – La luce della Pasqua ci sprona ad abbattere le barriere che creano divisioni e sono gravide di conseguenze politiche ed economiche. Ci sprona a prenderci cura gli uni degli altri, ad accrescere la solidarietà reciproca, ad adoperarci per favorire lo sviluppo integrale di ogni persona umana”. E ancora, un desiderio, l’ultimo: “Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile!”