Sono trascorsi cinque anni dalla rivolta che l’8 marzo del 2020 scatenò il panico all’interno del carcere Sant’Anna. A partire da quella data gli istituti penitenziari italiani furono investiti da un effetto domino di rivolte di detenuti. La prima a Modena, seguita da Rieti, Bologna e in decine di altri istituti. Proteste anche violente scaturite in parte dalla paura per i primi contagi di Covid ma soprattutto dalla sospensione dei colloqui con i familiari e delle altre attività in vigore. In 72 ore morirono 14 detenuti, solo a Modena la rivolta costò la vita a nove internati. La più grande tragedia all’interno di un carcere che la storia dell’Italia repubblicana abbia mai visto. Subito dopo i fatti la Procura aveva aperto tre diversi fascicoli. Uno per le devastazioni compiute dagli internati, un secondo per la morte dei nove reclusi e un terzo per le presunte violenze che alcuni poliziotti penitenziari avrebbero commesso durante la rivolta. Nel giugno del 2021 la Procura di Modena ha archiviato l’inchiesta sulle morti, in quanto secondo le indagini furono causate da overdose di metadone, e non erano stati ritenuti responsabili né l’amministrazione penitenziaria né chi gestì i soccorsi o i trasferimenti. Sulla decisione ad oggi però pende un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. A distanza di cinque anni la situazione al Sant’Anna è ancora problematica: oggi a creare scompiglio sono le tante morti registrate dietro le sbarre. 4 quelle dall’inizio dell’anno e ben 15 detenuti in rischio suicidario. Senza contare che solo nel 2024 la struttura detentiva modenese ha registrato 270 episodi di autolesionismo e 40 tentati suicidi. Numeri che fotografano in maniera impietosa le criticità del penitenziario modenese, un mondo a parte dove il sovraffollamento e l’autolesionismo minano il fragile equilibrio della sopravvivenza.

RIVOLTA IN CARCERE, CINQUE ANNI FA LA SOMMOSSA DEI DETENUTI
Era l’8 marzo del 2020 quando nel carcere di Modena scoppiò una violenta rivolta che costò la vita a nove detenuti. A distanza di cinque anni la situazione dietro le sbarre è ancora drammatica