Potrebbe non essere il solo caso sulle spalle dell’infermiera 49enne che avrebbe provocato, il 14 maggio scorso, la morte di una 62enne gravemente malata e ricoverata presso la Formigine Rsa. L’accusa sulla donna è molto pesante, omicidio pluriaggravato per essere stato commesso con mezzo insidioso, con premeditazione e a danno di una persona ricoverata. Le avrebbe, infatti, iniettato aria con una siringa vuota nel catetere venoso collegato al suo braccio destro. Secondo gli inquirenti avrebbe agito come ‘angelo della morte’. La vittima era nella fase terminale della malattia, soffriva di sclerosi laterale amiotrofica e si trovava in regime di sedazione profonda. Secondo la legale della difesa, l’avvocato Samantha Amodio, la 62enne avrebbe lasciato un testamento biologico in cui affermava di non volere l’accanimento terapeutico. A presentare denuncia contro l’infermiera, il personale sanitario della struttura che si era accorto di ciò che stava accadendo. Ieri mattina alla donna è stata notificata l’interdizione per 8 mesi dalla professione e da qualsiasi altra attività in campo sanitario o che ruoti attorno a persone anziane. Ma nella storia professionale della 49enne c’è dell’altro. Secondo gli investigatori avrebbe anche modificato terapie farmacologiche nelle strutture presso cui prestava la sua attività, accedendo abusivamente al sistema informatico utilizzato dal medico per prescrivere il trattamento. Inoltre sarebbe arrivata anche a non somministrare farmaci ritenuti assolutamente necessari dal medico curante. Li avrebbe gettati nei rifiuti quando era certa di non essere vista. Ora le indagini stanno approfondendo ulteriori casi di alcune morti sospette e mai chiarite del tutto, avvenute in altre strutture dove l’infermiera aveva lavorato