Il rapporto annuale dell’Inps, presentato a Roma dal presidente Gabriele Fava, ha evidenziato l’età media di accesso alla pensione in Italia: 64,2 anni, grazie alla possibilità di uscire in anticipo rispetto all’età di vecchiaia. E questo – paradossalmente – nonostante l’accesso alla pensione di vecchiaia sia in Italia a 67 anni, la più alta dell’Unione europea: ma sono numerosi i canali che permettono l’uscita anticipata dal mondo del lavoro. E, quindi, secondo quando emerge dal rapporto Inps, l’età della pensione troppo bassa e la generosità dei trattamenti rispetto all’ultima retribuzione potrebbero creare degli squilibri nel sistema previdenziale italiano. Al 31 dicembre 2023 i pensionati erano circa 16 milioni 200mila, di cui 7,8 milioni uomini e 8,4 milioni donne, per un importo lordo complessivo delle pensioni erogate di 347 miliardi di euro. Le pensioni anticipate o di anzianità sono quelle meglio pagate, in quanto generalmente riconducibili a carriere lavorative più lunghe, con un importo medio di 2.034 euro mensili, a fronte – ad esempio – di pensioni di vecchiaia del valore medio di 964 euro. Dal rapporto Inps emergono altri dati: il reddito medio da pensione per gli uomini è superiore del 35% a quello delle donne, benché queste ultime siano oltre la metà (il 52%) del totale dei pensionati. Sul lavoro, le donne sono penalizzate in caso di nascita di un figlio da accudire: con una percentuale, nel primo anno di vita del figlio, del 18% di uscita dal mondo del lavoro (spesso volontariamente, per esigenze familiari) da parte della madre. La nascita di un figlio pesa, altresì, sui redditi delle donne: perdono il 16% dei redditi se hanno il congedo di maternità e il 76% se non possono contare su questo ammortizzatore. Le previsioni di Eurostat a livello europeo confermano il trend demografico nei paesi dell’Unione europee: poche nascite, sempre più anziani. Il che fa pensare, secondo l’istituto europeo di statistica, ad un prevedibile peggioramento del rapporto numerico tra pensionati e contribuenti.