Smart working, si cambia. O meglio, dopo diverse proroghe, si torna alle norme precedenti al Covid. E, forse, non più così adeguate ai tempi. Fatto sta che è arrivato lo stop definitivo alle procedure semplificate attivate durante la pandemia e ancora in vigore nel settore privato per alcune categorie di dipendenti, ovvero “i fragili”, cioè i lavoratori affetti da malattie oncologiche o altre patologie gravi, ma anche i genitori di minori sotto i 14 anni. Questo non significa che il lavoro agile, adesso, sparirà del tutto: chi vorrà continuare a svolgere l’attività secondo i criteri dello smart working, dovrà sottoscrivere un accordo individuale con il proprio datore di lavoro. Intanto, si apre una nuova fase che potrebbe presto portare a uno sviluppo dello stesso smart working. Anche perché, dei suoi benefici, si è discusso ampiamente in questi anni, dalla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, al minor inquinamento e congestione delle città. A farlo intravedere, sono proprio i numeri: dopo i picchi della pandemia e una graduale riduzione negli ultimi due anni, nel 2023 i lavoratori da remoto nel nostro Paese si assestano a 3 milioni e mezzo, in leggera crescita rispetto a quelli del 2022, ma ben il 541% in più rispetto al periodo pre-Covid. Non solo: nel 2024, si stima, saranno 3,65 milioni gli smart worker in Italia, secondo le previsioni dell’Osservatorio del Politecnico di Milano.