Sono stati attribuiti alla regista Liliana Cavani e all’attore Tony Leung Chiu-wai i Leoni d’oro alla carriera della 80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia (30 agosto – 9 settembre 2023). La decisione è stata presa dal Cda della Biennale, che ha fatto propria la proposta del Direttore della Mostra, Alberto Barbera. “Sono molto felice e grata alla Biennale di Venezia per questa sorpresa bellissima”, ha dichiarato, nell’accettare la proposta, Liliana Cavani, che ha partecipato alla Mostra di Venezia già nel 1965 con ‘Philippe Pétain: Processo a Vichy’, Leone di San Marco per il documentario, e poi più volte con ‘Francesco d’Assisi’ (1966), ‘Galileo’ (1968), ‘I cannibali’ (1969), tra gli altri, fino a ‘Il gioco di Ripley’ (2002) e ‘Clarisse’ (2012).Tony Leung Chiu-wai – che ha interpretato tre film Leoni d’oro a Venezia, ‘Città dolente’ (1989) di Hou Hsiao-hsien, ‘Cyclo’ (1995) di Tran Anh Hung e ‘Lust, Caution’ (2007) di Ang Lee – nell’accettare la proposta ha dichiarato: “Sono colpito e onorato dalla notizia della Biennale di Venezia. Condivido idealmente questo premio con tutti i cineasti con cui ho lavorato. Questo riconoscimento è anche un omaggio a tutti loro”. A proposito di questi riconoscimenti, il direttore Alberto Barbera ha affermato: “Protagonista tra i più emblematici del nuovo cinema italiano degli Anni 60, con un lavoro che in seguito attraversa oltre sessant’anni di storia dello spettacolo, Liliana Cavani è un’artista polivalente capace di frequentare la televisione, il teatro e la musica lirica con il medesimo spirito non convenzionale, e la stessa inquietudine intellettuale che hanno reso celebri i suoi film. Il suo – prosegue Barbera – è sempre stato un pensiero anticonformista, libero da preconcetti ideologici e svincolato da condizionamenti di sorta, mosso dall’urgenza della ricerca continua di una verità celata nelle parti più nascoste e misteriose dell’animo umano, fino ai confini della spiritualità. I personaggi dei suoi film sono calati in un contesto storico che testimonia una tensione esistenziale verso il cambiamento, giovani che cercano risposte a quesiti importanti, soggetti complessi e problematici nei quali si riflette l’irrisolto conflitto fra individuo e società”. l direttore conclude: “Il suo è uno sguardo politico nel senso più alto del termine, anti-dogmatico, non allineato, coraggioso nell’affrontare anche i più impegnativi tabù, estraneo alle mode, refrattario ai compromessi e agli opportunismi produttivi, aperto invece a una fertile ambiguità nei confronti dei personaggi e delle situazioni messe in scena. Una feconda lezione che è insieme di estetica e di etica, da parte di una protagonista del nostro cinema, che ne definisce la perenne modernità”. Per Barbera “Tony Leung è uno degli interpreti più carismatici del cinema contemporaneo, la cui eccezionale carriera è stata in grado di evolversi in parallelo allo sviluppo del cinema in chiave transnazionale e globale. Affermatosi come star della scena pop di Hong Kong negli Anni 80, è oggi internazionalmente riconosciuto come uno degli attori più significativi e versatili della sua generazione, in grado di dare vita a personaggi indimenticabili nei generi più vari e a ogni latitudine. Emblematico del suo stretto rapporto con il cinema d’autore è il ruolo di protagonista nel film ‘In the Mood for Love’ (2000) di Wong Kar-wai, che garantisce a Tony Leung la Palma d’Oro come miglior attore al festival di Cannes, e l’interpretazione in tre film premiati con il Leone d’oro alla Mostra di Venezia: ‘Città dolente’ (1989) di Hou Hsiao-hsien, ‘Cyclo’ (1995) di Tran Anh Hung e ‘Lussuria – Seduzione e tradimento’ (2007) di Ang Lee. Tuttavia- prosegue il direttore- il suo profilo di star globale è legato altresì alla capacità di attraversare gli immaginari cinematografici in costante mutamento tipici del nostro tempo, segnando con la sua presenza film di grande successo commerciale in generi, lingue e scenari produttivi molto differenti, dal genere di arti marziali in ‘Hero’ (2002) di Zhang Yimou, all’action-thriller ‘Infernal Affairs’ (2002-03) di Andrew Lau e Alan Mak, all’epica di guerra ‘La battaglia dei tre regni’ (2008-09) di John Woo, sino al recente contributo all’universo Marvel in Shang-chi e la leggenda dei dieci anelli (2021). Nel corso dei decenni- conclude- oltre a mantenere viva la curiosità per ruoli e cinematografie sempre diversi, grazie alle sfaccettature dei suoi molteplici personaggi ha dato un contributo importante alla ridefinizione dell’immagine tradizionale della star maschile, consacrando la sua unicità sulla scena cinematografica contemporanea”. (Dire)