L’accettazione serena e consapevole della diagnosi da parte del paziente oncologico in fase avanzata di malattia passa unicamente attraverso la risoluzione del dolore fisico, che genera una cascata di benefici indotti dall’approccio con le cure palliative precoci e simultanee.

            È questo, in estrema sintesi, il risultato più importante emerso dallo studio condotto da professionisti dell’Azienda USL di Modena, dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e dell’Università di Modena e Reggio Emilia, con la collaborazione di alcuni dei massimi esperti internazionali del settore. Uno studio che conferma la validità e l’efficacia del modello modenese di cure palliative precoci, ovvero un approccio che mira a intervenire all’inizio della malattia, nel momento in cui insorge il dolore.

            Pubblicata a settembre sulla prestigiosa rivista scientifica “The Oncologist”, l’analisi ha valutato quantitativamente e qualitativamente il modello delle cure palliative precoci attraverso interviste a 77 pazienti e 48 caregiver seguiti dall’Ambulatorio Terapie di Supporto Medicina Oncologica Area Nord dell’Azienda USL di Modena di cui è responsabile la dottoressa Elena Bandieri.

            Proprio la dottoressa Bandieri è tra le principali firmatarie dello studio, insieme al dottor Fabrizio Artioli, Direttore della Struttura Complessa di Medicina Oncologica di Area Nord, al prof. Carlo Adolfo Porro, Professore Ordinario di Fisiologia e Magnifico Rettore di UNIMORE, e al prof. Mario Luppi, Direttore della Cattedra e Struttura Complessa di Ematologia di AOU e UNIMORE.

            Tra gli altri, hanno collaborato due figure di primissimo piano nel campo delle cure palliative: il prof. Eduardo Bruera, oncologo medico e palliativista all’Anderson Cancer Center di Houston, Texas (USA), considerato il massimo esperto del settore, e la prof.ssa Camilla Zimmermann, dell’Università di Toronto (Canada), esperta riconosciuta a livello mondiale nell’ambito della comunicazione medico-paziente per quanto riguarda le cure palliative precoci.

“Abbiamo approfondito l’esperienza di pazienti e caregiver – spiega la dottoressa Bandieri, che lo scorso 22 ottobre è stata chiamata a tenere una lectio magistralis proprio sul tema della gestione del dolore al convegno nazionale di  AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) –, ponendo loro quattro domande, di cui le prime tre riferite a momenti diversi del loro percorso terapeutico (il passato, prima delle cure palliative precoci; il presente, durante le cure palliative precoci; il futuro, per come se lo immaginano nel loro percorso di cure palliative precoci) e l’ultima aperta, per dare loro spazio di condividere ciò che ritenevano più rilevante in quel contesto. I dati raccolti sono stati analizzati secondo un approccio qualitativo e uno quantitativo. L’analisi qualitativa ha permesso di identificare l’organizzazione sottostante i benefici del modello e si è basata sui contenuti delle interviste. L’analisi quantitativa, invece, ha permesso di confermare quanto emerso dall’analisi qualitativa sulla base delle parole delle interviste, un dato più implicito e meno soggetto a distorsioni”.

            Lo studio in questione segue altri lavori sul tema delle cure palliative precoci, tra cui una vera e propria pietra miliare nel campo, la ricerca del 2015 sul trattamento del dolore oncologico moderato pubblicata dalla rivista specializzata più importante al mondo, il “Journal Of Clinical Oncology”. Lo studio, talmente importante da meritare un editoriale di accompagnamento, è stato citato migliaia di volte nei successivi lavori della comunità scientifica internazionale e dalle linee guida internazionali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), americane ed europee. Segno che i contenuti riportati nel lavoro condotto sempre dalla dottoressa Bandieri in collaborazione con professionisti AOU e UNIMORE, hanno introdotto, di fatto, un nuovo paradigma nelle guide internazionali sulla gestione del dolore.

            “Serve un cambiamento culturale nella comunicazione medico-paziente in campo oncologico e questi studi vanno proprio in questa direzione – sottolinea il dottor Artioli –. Si tratta di analisi molto avanzate che confermano come l’approccio delle cure palliative precoci venga percepito da pazienti e caregiver come un elemento qualitativo molto importante. La qualità percepita, inoltre, va di pari passo con l’incremento quantitativo dei pazienti presi in carico”.

            “Il modello delle cure palliative precoci in ematologia è ancora negletto nel nostro Paese” ricorda il prof. Luppi. “Viceversa, da anni, il prof. Leonardo Potenza e colleghi nel nostro gruppo in AOU Modena, stanno implementando tale intervento per pazienti affetti da neoplasie ematologiche, con speciale riferimento ai pazienti con leucemia acuta, realizzando anche corsi formativi nazionali in collaborazione con il Working Party Qualità di vita (nel Gruppo Malattie Ematologiche Adulto-GIMEMA) di cui sono membro neo-eletto, ed in stretta collaborazione, oltre che con l’Ambulatorio Terapie di Supporto Medicina Oncologica Area Nord dell’Azienda USL di Modena anche, più recentemente, con la UOC di Medicina Oncologica diretta dal dottor Giuseppe Longo, presso il DAI4”.

 

            L’ambulatorio delle Terapie di supporto precoci, attivo dal 2011, è un unicum nel panorama sanitario nazionale: inserito funzionalmente all’interno della Rete delle Cure Palliative Aziendale diretta dal dottor Paolo Vacondio, si configura come polo intermedio tra ospedale e territorio, collaborando costantemente con medici di medicina generale, oncologi e assistenza domiciliare.

            “L’approccio con le cure palliative precoci – conclude la dottoressa Bandieri – si rivolge al paziente con patologia oncologica con metastasi e consente, attraverso l’azzeramento del dolore fisico, di migliorare la qualità di vita incrementandone nel contempo l’aspettativa”.