Il Green Pass non è obbligatorio. Semmai è sempre più necessario per poter vivere alcuni aspetti importanti della vita quotidiana. Sedersi in un bar, partecipare a un concerto, entrare in una pizzeria: per poter affrontare queste esperienze (decisamente comuni prima della pandemia) occorrerà avere a disposizione un documento personale ed un QRCode che abiliti all’ingresso e che certifichi che si è fatto il possibile per tutelare la salute altrui. Chi rinuncia a questi elementi può rinunciare al Green Pass, che in nessun modo è obbligatorio. Così come per le mascherine, emerge sempre più chiaramente la natura del Green Pass sia come strumento di protezione individuale, sia come elemento di protezione sociale. Il Green Pass, infatti, crea locali e situazioni in cui il rischio di contagio viene fortemente abbattuto (non annullato) e così facendo consente la massimizzazione della tutela reciproca. Se il concetto di “immunità di gregge” è la chimera che si persegue come limite oltre il quale si andrà a vincere questa maratona, il Green Pass diventa l’elemento che ne concretizza il principio nella quotidianità, riducendo i contatti pericolosi tra persone monitorate e persone non monitorate ed abbattendo gli spazi di manovra entro cui il virus ha la possibilità di moltiplicarsi. Non sarà il Green Pass a toglierci dai problemi, semmai sarà il vaccino. Ma il Green Pass crea i presupposti affinché si possa salvaguardare la situazione per evitare ricadute estremamente pericolose sotto ogni punto di vista. Sotto questo punto di vista il Certificato Verde è un enorme strumento di tutela sociale, pensato espressamente in quest’ottica. Affinché funzioni servirà massima collaborazione di tutti, a prescindere dalle opinioni personali, perché ogni discussione tra esercenti costretti al Green Pass e clienti contrari al Green Pass sarebbe deleterio e fondamentalmente inutile.