Nel video le interviste a Innocente Bonfatti, Coordinatore Unità di Strada di Porta Aperta e a Barbara Vanni, Volontaria Porta Aperta
C’è Lazar, che scappa dalle strutture per tornare al suo posto, vicino ai gradini del Direzionale 70. C’è Said, dal carattere difficile, a cui non piace parlare. C’è Mohammed, che in un parcheggio del Windsor park dorme in un’auto abbandonata. E c’è Alì, il cui dolore passa quasi inosservato nel via vai della stazione dei treni. Tante storie, tante persone, che sera dopo sera i volontari di otto associazioni incontrano, per dare loro un pasto caldo, coperte, generi di conforto, mascherine e anche un motivo per parlare, per stare in compagnia. Sono i viaggi notturni delle associazioni che partecipano al piano invernale, attivo dal primo dicembre. Molte persone senza fissa dimora sono state alloggiate in diverse strutture della città, usufruendo dei 125 posti disponibili. Ma altre sono rimaste in strada. Ed è qui che entrano in scena i volontari. Abbiamo seguito il percorso di quelli di Porta Aperta, a partire dal carico dei furgoni con scatole di pasti caldi, dolci, coperte, cappotti. Due squadre partono per percorsi diversi, seguendo la mappa che porta ai punti dove più frequentemente vanno a dormire persone che non hanno una casa. Il Direzionale 70, il Direzionale Cialdini, il Windsor Park, la stazione dei treni sono solo alcune delle tante mete. I volontari si avvicinano, chiedono alle persone se hanno bisogno di qualcosa. Il Covid non ha cambiato quasi nulla in questa attività: ha solo eliminato i punti di aggregazione, creato ancora più distanza. Qui siamo alla stazione, dove da anni vive Alì. Alì viene dal Niger, ha il corpo pieno di ferite che si provoca lui stesso. I volontari gli chiedono come sta, gli fanno compagnia. Da tempo lavorano per tentare di dargli una vita diversa. Le unità di strada segnalano la presenza di queste persone agli assistenti sociali che cercano di introdurle in percorsi di riabilitazione. Intanto i volontari continuano a girare. Dopo un pasto caldo ce n’è un altro da donare.