Un gruppo di ricercatori della Sezione di Sanità Pubblica del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze di Unimore ha condotto uno studio fortemente innovativo e con avanzato contenuto tecnologico sulla diffusione e prevenzione nella popolazione italiana del Coronavirus. In particolare, la ricerca ha fatto riferimento all’adesione dei cittadini italiani al lockdown e alla sua efficacia. I risultati di tale studio sono appena stati pubblicati sulla prestigiosa rivista inglese EClinicalMedicine, rivista open access del gruppo Lancet.
I ricercatori hanno ottenuto ed analizzato su base spaziale e temporale l’intero patrimonio informativo dei movimenti dei telefoni cellulari nelle tre regioni più fortemente colpite dal COVID-19, Lombardia Veneto ed Emilia-Romagna, definendo, quale movimento, uno spostamento del cellulare almeno pari a 2 km.
I movimenti giornalieri su base provinciale della telefonia mobile sono stati analizzati per valutare l’adesione della popolazione alle misure di lockdown (sia quello ‘leggero’ deciso il 23 febbraio che quello ‘rigido’ decretato il giorno 8 marzo), nonché e soprattutto l’efficacia di tali restrizioni della mobilità sulla diffusione dell’epidemia.
Utilizzando avanzati modelli di analisi statistica, tra i quali lo stimatore di Newey–West e la regressione di Laplace, i ricercatori hanno messo in evidenza come l’efficacia del lockdown, specie nelle province più colpite dall’epidemia, sia stata fortissima e estremamente rapida nell’interrompere la catena di contagio, esattamente come atteso e sperato da chi ha suggerito e adottato tali misure radicali di sanità pubblica.
In particolare, il tempo trascorso dall’adozione del lockdown ‘duro’ e il picco dell’infezione ha oscillato tra 9 giorni nelle province più fortemente colpite (quali ad esempio Cremona o Bergamo) a 25 giorni nelle aree con minor diffusione dell’infezione.
Tenuto conto del periodo di incubazione clinica dell’infezione (circa 5 giorni) e del ritardo ‘diagnostico’ medio nella comunicazione ufficiale dell’esito del tampone, si può affermare come l’effetto del lockdown sul picco dell’infezione, sia stato di fatto pressochè immediato. Il tempo trascorso dall’adozione del lockdown al picco dell’infezione è stato tanto più breve quanto più radicale è stato l’abbattimento della mobilità, stimato appunto attraverso i movimenti complessivi dei telefoni cellulari.
La reale riduzione della mobilità, stimata attraverso tale metodologia, certamente attendibile nella popolazione italiana vista la fortissima diffusione della telefonia cellulare nel Paese (una della più elevate al mondo), è stata moderata dopo il primo lockdown del 23 febbraio (diminuendo circa del 20%), ma molto più radicale dopo il secondo lockdown (riducendosi dell’80% o più!), testimoniando in tal modo l’altissima adesione da parte della popolazione alle misure adottate.
La riduzione della mobilità, a prescindere ovviamente da ogni altra considerazione di ordine psicosociale ed economico, appare chiaramente dallo studio essere stata la carta vincente nel contenere con estrema rapidità la diffusione dell’infezione e della patologia e nell’invertire la curva epidemica sino ad allora in drammatica ascesa.
Per quanto riguarda le due province di Modena e Reggio Emilia, la curva di crescita dell’epidemia si è interrotta e invertita a distanza rispettivamente di 18 e 19 giorni, suggerendo pertanto come il reale inizio del contenimento si sia verificato 8-9 giorni dopo l’istituzione del lockdown.
Lo studio, promosso e coordinato dagli igienisti prof. Marco Vinceti e dott. Tommaso Filippini e che vede coinvolti i ricercatori della Scuola di Sanità Pubblica dell’Università di Boston (l’epidemiologo prof. Kenneth Rothman), del Dipartimento di Sanità Pubblica Globale dell’Università Karolinska di Stoccolma (lo statistico prof. Nicola Orsini) e dell’Azienda di modellizzazione ambientale di Milano TerrAria (dott. Giuseppe Maffeis, ing. Fabrizio Ferrari e ing. Alessia Goffi), rappresenta il primo mai effettuato sull’effettiva adesione al lockdown da parte della popolazione in un paese occidentale ed il primo in assoluto in letteratura a stimare l’effettiva efficacia del lockdown nell’accorciare il picco epidemico e nell’interrompere la catena di contagio, nonché i fattori che ne hanno amplificato l’efficacia.
I risultati ottenuti sono chiari e lasciano pochi dubbi: le restrizioni alla mobilità sono state particolarmente efficaci nel determinare la rapida riduzione dell’infezione, con un tempo di azione rapidissimo specie in presenza di una elevata diffusione iniziale dell’epidemia. Tali osservazioni possono rivelarsi di notevole utilità per eventuali future analoghe emergenze.
“Volevamo come igienisti Unimore – spiega il prof. Marco Vinceti docente di Igiene e Sanità Pubblica presso la Facoltà di Medicina di Unimore e promotore del progetto – portare un nostro contributo di ricerca su questa drammatica emergenza sanitaria in tempi molto rapidi, sfruttando altresì una rete già esistente di collaborazione interdisciplinare con ricercatori italiani e stranieri, cui va la mia gratitudine per la grande disponibilità dimostrata, tra l’altro a titolo gratuito e in tempi ridottissimi. L’azienda milanese di gestione e modellizzazione dei dati ambientali TerrAria ci ha, infatti, consentito di ottenere ed elaborare i dati nazionali della telefonia cellulare, resi eccezionalmente disponibili per l’emergenza COVID-19 dalla società Teralytics; il prof. Kenneth Rothman, famoso epidemiologo di Boston, ci è stato di grande aiuto nel migliorare la qualità metodologica dell’indagine; il prof. Nicola Orsini del Karolinska Institutet ha infine messo la sua grande competenza statistica al servizio di soluzioni innovative per l’analisi dei dati. Sotto certi aspetti siamo rimasti stupiti dai risultati: abbiamo potuto osservare una fortissima e progressivamente crescente adesione della popolazione alle restrizioni della mobilità, con ogni probabilità dovuta non solo agli obblighi normativi, ma anche alla reale consapevolezza del rischio sanitario. Abbiamo inoltre verificato come l’efficacia del lockdown sia stata immediata, di fatto istantanea, nelle aree più colpite dall’epidemia e dove la popolazione ha rispettato in misura maggiore il messaggio ‘state a casa’ diffuso dalle autorità sanitarie e politico-amministrative. Stiamo invece ancora cercando di capire quali fattori, al di là da una eventuale minor adesione alle restrizioni della mobilità, abbiano allungato, in alcune province, la rapidità di contenimento dell’epidemia. L’individuazione, ed il controllo di tali fattori potrebbero essere preziosi nel caso ci trovassimo purtroppo di fronte ad un ritorno di questa o altre epidemie così devastanti.”
“Il lavoro per realizzare lo studio è stato frenetico e rapidissimo, con scambi di mail ad ogni ora del giorno – afferma il dott. Tommaso Filippini, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze e copromotore del progetto – ma ci sembrava fondamentale cercare di verificare la reale efficacia delle limitazioni imposte per dimostrare che il sacrificio della popolazione non era vano, ma un atto doveroso, soprattutto per la salvaguardia delle categorie di persone più fragili. Si tratta di una fondamentale conferma delle scelte di sanità pubblica adottate: in un mondo abituato a non risentire di alcuna restrizione nella libertà di movimento, tale limitazione della possibilità di spostarsi ha avuto, ovviamente, come naturale conseguenza quella di ridurre al minimo indispensabile la possibilità di incontrare altre persone, facilitando in questo modo il grande lavoro di tracciamento dei contatti operato dalla sanità pubblica. La ricerca condotta sarà importante anche in caso di nuove ‘ondate’ di questa o di altre epidemie, affinché eventuali nuove restrizioni non siano sentite solo come una limitazione della propria libertà, ma come l’aiuto concreto che ognuno può dare.”
“Questo studio è estremamente rilevante per tutti noi – commenta il Rettore prof. Carlo Adolfo Porro – in quanto dimostra, con l’autorevolezza di un rigoroso approccio metodologico, che le restrizioni affrontate nei mesi passati sono state efficaci per contenere l’epidemia COVID-19. Mi piace sottolineare l’intuizione dei nostri ricercatori di utilizzare dati a disposizione su vasta scala, l’approccio multidisciplinare e la loro capacità di organizzare rapidamente e coordinare un team di assoluto prestigio a livello internazionale. Mi congratulo e sono lieto che, anche sotto questo profilo, il nostro Ateneo confermi il proprio ruolo di punta nella ricerca contro la pandemia”.