È stata un’udienza sostanzialmente tecnica, ma non per questo meno importante quella che si è tenuta nell’aula bunker del carcere della Dozza di Bologna, dove stamattina è iniziato il processo d’appello legato all’inchiesta Aemilia, la maxi indagine che ha portato alla sbarra la ‘ndrangheta al nord. In aula sono comparsi in particolare i 24 imputati che in primo grado avevano scelto il rito abbreviato, riportando a Reggio Emilia pesanti condanne. Il 19 febbraio sarà invece la volta di altre 120 persone, condannate nel rito ordinario, mentre dal 20 febbraio le udienze dei due riti saranno accorpate. Oggi, non sono mancate le scintille: con un lungo appello e la costituzione delle parti civili -che sono 30- l’avvocato difensore di Pasquale Brescia (che in primo grado ha riportato una condanna a 22 anni di reclusione tra rito ordinario e abbreviato) ha chiesto la ricusazione per incompatibilità del giudice a latere Giuditta Silvestrini. Questo perché, sostiene la difesa di Brescia, Silvestrini faceva parte del collegio che ad aprile dell’anno scorso aveva già condannato l’imprenditore di origini cutresi e il suo avvocato dell’epoca Luigi Antonio Comberiati a sei mesi di reclusione per la vicenda della lettera minacciosa inviata al sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi. Brescia ha in sostanza contestato la circostanza- non ammessa- di essere giudicato dallo stesso giudice per i medesimi reati e ha invitato il giudice ad astenersi. La Corte d’appello si è riservata di dirimere la questione nell’udienza del 3 marzo. Tra le parti civili che si sono costituite c’è anche la Cgil Emilia-Romagna.